Nubi su Taranto, operai e sindacati in marcia per salvare l’Ilva
Le nubi su Taranto non hanno fermato la marcia degli operai Ilva. In tremila tra lavoratori diretti (2.500 quelli usciti dallo stabilimento) e dell’indotto (circa 500) sono scesi in strada oggi con sindacati e istituzioni al loro fianco perché il futuro della più grande acciaieria d’Europa è ancora tutto da decidere. Lo sciopero voluto da Fim, Fiom, Uilm e Usb per rivendicare garanzie occupazionali e salariali, impone al Governo un’accelerata per la risoluzione di una vertenza che investe l’intero territorio, soprattutto nel giorno in cui scadono i termini per la presentazione delle manifestazione di interesse per l’acquisto dell’Ilva.
Non si tratta soltanto di acciaio. C’è la salute di una città da tutelare. Insieme alla tutela dell’ambiente, dell’aria che operai e non respirano dentro e fuori la fabbrica. Il corteo ha mosso i primi passi dall’ingresso della città vecchia, per poi attraversarla lungo il mar Piccolo, risalendo verso il ponte Girevole fino alla Prefettura. Vento e pioggia sulle facce tese, cori e striscioni come nel più classico dei copioni. Bandiere che sventolavano e gonfaloni dei Comuni allineati in una protesta che almeno per un giorno sembra essere condivisa.
Non sono mancati i momenti di tensione quando i rappresentanti di Confindustria Taranto, e quindi il presidente Vincenzo Cesareo, sono stati invitati – per dirla con un eufemismo – ad andare via. «Siamo qui perché non c’è chiarezza in un bando di cessione abbastanza frettoloso e condividiamo le preoccupazioni dei lavoratori» ha confermato Cesareo. Parole che non hanno disteso gli animi. Francesco Rizzo dell’Usb non ha usato mezzi termini per criticare la presenza degli industriali, seppur senza vessilli come era stato richiesto nei giorni che hanno preceduto la mobilitazione. «Confindustria – ha tuonato Rizzo – si deve vergognare perché ha contribuito allo sfacelo dell’Ilva».
Per Antonio Talò della Uilm la sfida per salvare il siderurgico «sarà una battaglia complicata, però le ragioni dei lavoratori e della città sono sacrosante». Il segretario nazionale della Fiom, Rosario Rappa, era a Taranto in questo momento delicato e forse decisivo. «La nostra preoccupazione – ha spiegato – è che ci possa essere un cambio del piano industriale che possa modificare l’Aia e quindi il processo di ambientalizzazione e che metta in discussione il livello occupazionale attuale». Da Valerio D’Alò (Fim Cisl) la richiesta al governo di «risposte certe sul futuro dello stabilimento Ilva e della città di Taranto. Vanno garantite l’ambientalizzazione del sito produttivo, le bonifiche del territorio e la tutela dei livelli occupazionali».
Anche il sindaco Stefàno ha sfilato con i lavoratori. «Li sosteniamo e sosteniamo il governo nel confronto con l’Europa: investire per tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente non è un aiuto all’impresa». Si attendeva il primo cittadino anche all’incontro a palazzo del Governo, ma la sua presenza è saltata nonostante avesse raggiunto la sede della Prefettura. Insieme al prefetto Umberto Guidato e al presidente della Provincia Martino Tamburrano, era presente il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
Il governatore ha ringraziato i «lavoratori e le loro organizzazioni per un risultato straordinario: aver costruito unità in una vicenda che ha bisogno dell’aiuto di tutti. Le istituzioni sono al vostro fianco in questo processo che oggi ha inizio». Poi la firma sul documento che i sindacati hanno lasciato nelle mani del prefetto e che verrà consegnato al governo. La centralità della siderurgia – si legge – e, in essa, la strategicità dell’Ilva di Taranto, ovviamente vissuta in una dimensione di piena sostenibilità ambientale, va ripresa e rimessa al centro delle politiche di sviluppo del Paese per restituire una prospettiva di crescita reale ed un’idea di futuro ad un’intera provincia e ai suoi lavoratori.
Nicola Sammali
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