TARANTO – Nell’aprile del 2007 il Metropolitan Museum of Art di New York inaugurò una spettacolare sezione riservata ai reperti archeologici in terracotta dell’antica Grecia. Oltre 200 tra vasi e statuette raffiguranti divinità, uomini, donne, animali arricchirono le sale espositive dell’importante museo americano. Particolarmente ricca un’intera vetrinetta con oltre 40 reperti provenienti dall’area archeologica di Taranto risalenti al perodo classico tra il V e IV sec. a.C. Essi, come si specifica in una recente pubblicazione della ricercatrice presso la State University of New York Jaimee Uhlenbrock, esperta in terrecotte antiche, sono abbastanza rappresentativi della tecnica coroplastica (arte e tecnica della lavorazione delle terrecotte) tarantina di quel periodo (leggi qui).

Poco o nulla si sa (almeno ufficialmente) su come questi preziosi pezzi siano giunti a New York dalle rive dello Jonio e neanche se ne conosce l’esatto luogo e la data di ritrovamento. Tra il V e IV secolo a.C. la coroplastica votiva di Taranto visse un periodo particolarmente felice. Statuette votive venivano prodotte in gran numero presso alcuni laboratori di Taranto. Esse rappresentavano figure femminili o maschili e in qualche caso divinità. Spesso il defunto era sdraiato sul kline nell’atto di mangiare, altre volte una figura femminile era ai suoi piedi, altre ancora una madre teneva tra le braccia un bambino.

Alcune statuette del IV secolo a.C. rappresentavano divinità, soprattutto Persefone (la regina degli inferi) o Afrodite (la protettrice delle spose). Le statuette votive erano spesso deposte nei luoghi di culto e si pensa che ciclicamente, quando il loro numero diventava esagerato, si scavassero delle fosse nelle vicinanze e ivi venissero seppellite. Da qui derivano i grandi ritrovamenti che sono avvenuti nei tempi moderni in alcune aree archeologiche tarantine di terrecotte risalenti al periodo della colonizzazione greca. Dal IV secolo le terrecotte venivano deposte anche nelle sepolture, insieme ai defunti.

Le terrecotte tarantine si diffusero in tutto il Meridione diventando un vero e proprio stile aristico. Oltre che funerarie e votive, le terrecotte furono anche architettoniche e ornamentali. Esse costituivano generalmente parti delle grondaie di edifici pubblici e privati e raffiguravano volti di divinità protettrici della casa. Terrecotte tarantine sono presenti, oltre che a New York, anche in altri importanti musei internazionali che espongono reperti dell’antica Grecia, come per esempio al Getty Museum di Malibu in California. Qui, da qualche anno, è esposto un trittico chiamato “Il Poeta e le Sirene” del IV sec. a. c. che, a detta di esperti, è chiaramente di scuola tarantina, anche se il luogo di ritrovamento è conteso tra Taranto e Locri.

Un vero e proprio patrimonio archeologico di provenienza tarantina è rappresentato dagli oggetti in oro e argento presenti nei musei di tutto il mondo. In particolare nel III secolo a.C., in pieno periodo Ellenistico, la produzione di preziosi a Taranto fu abbondante e oggetti artistici venivano commissionati agli orafi della città ionica dall’aristocrazia di tutta la Penisola. Tra la fine Ottocento e i primi decenni del Novecento, trafficanti e antiquari fecero grandi affari col commercio di reperti archeologici di fattura tarantina. In quel periodo, a causa di legislazioni abbastanza carenti in materia di traffico di reperti archeologici e grazie a situazioni contingenti legate ai conflitti mondiali, tanti reperti arrivarono, attraverso intricati e spesso misteriosi passaggi di mano, ai musei di tutto il mondo.

Se non fosse stato per alcuni eroici appassionati storici che in quel periodo si adoperarono per recuperare quanti più reperti possibili, contrastando con i pochi mezzi a disposizione il commercio clandestino e il saccheggio dei siti ricchi di testimonianze storiche ed artistiche, ben poco sarebbe giunto fino a noi. Tra questi difensori del patrimonio archeologico dobbiamo assolutamente ricordare il soprintendente Ciro Drago che operò negli anni della dittatura fascista spesso anche in opposizione al regime e il dottor Luigi Viola, docente di latino e promotore presso il Re Umberto I della nascita del Museo Archeologico di Taranto. E su quest’ultimo riportiamo il link di un bellissimo articolo scritto dall’indimenticabile e suo omonimo Sandro Viola su Repubblica nel 1996 (leggi qui).

La costruzione del Borgo, a partire dalla fine dell’Ottocento, portò alla luce un vero e proprio patrimonio archeologico, malamente protetto dalle autorità competenti e preda, grazie alla complicità di proprietari terrieri, costruttori e capomastri, dei trafficanti che acquistavano oggetti di valore inestimabile per poche lire, ricavandone poi profitti enormi quando questi venivano piazzati sul mercato internazionale. Probabilmente, solo in minima parte conosciamo il numero dei reperti provenienti da Taranto o di scuola tarantina distribuiti nei musei di tutto il mondo. Una gran parte di essi non compare nei cataloghi ufficiali in quanto inseriti in collezioni private semi clandestine o dimenticati nei depositi di tanti musei.

Di alcuni oggetti, come del caso della coppa Mayer argentea di pregevolissimo valore proveniente da Taranto e trafugata nel 1923 dal museo di Bari, si sono completamente perse le tracce. Ma tanti altri sono i casi simili, come per esempio l’intera collezione di argenti e ori denominati “Argenti Cacace”, dal nome del proprietario dei terreni in cui furono ritrovati e che, dopo varie vicissitudini e passaggi di mano, finirono al Louvre di Parigi dove però ormai da anni non vengono esposti al pubblico, facendoci temere che siano stati ceduti a collezionisti privati. In un eccezionale documento, pubblicato nel Bollettino “Notizie degli scavi” del 1896 dell’Accademia dei Lincei, G. Patroni racconta le circostanze del ritrovamento del tesoro e ne riporta una sua dettagliata descrizione. Torneremo a parlarne a breve con un articolo di approfondimento.

Il British Museum e il Metropolitan Museum sono tra i musei al mondo che posseggono il maggior numero di oggetti provenienti dalla nostra città (logicamente escludendo il MarTa). Terrecotte, statue, ori e argenti di età classica ed ellenistica sono ammirati dai tanti visitatori provenienti da tutto il mondo. Si trova a Londra il cosiddetto Emblema di Taranto. Esso è un tondo in argento di circa 9 cm raffigurante una giovane donna, seduta su uno scoglio e coperta sino all’inguine da un himation (abito dell’antica Grecia), che accarezza una tartaruga e che ha ai suoi piedi, fiori, animali e strumenti musicali.

Non si conosce con certezza l’impiego a cui era destinato questo importantissimo reperto che potrebbe essere stato il retro di uno specchio oppure, molto più probabilmente, la copertura di un vaso porta unguenti o cosmetici. La prof.ssa Giovanna Bonivento Pupino, esperta in ricerche storiche e archeologiche, ha studiato a fondo l’Emblema di Taranto e ce ne fornisce una analisi approfondita in una pubblicazione del 1995 a cura dell’Accadamia di Archeologia Lettere e Belle Arti (leggi qui). Nella pubblicazione si ricostruisce anche il percorso che portò l’Emblema da Taranto, dove fu scoperto nel 1850, fino a Londra.

Esso giunse prima a Napoli da un antiquario che stava per fonderlo insieme ad altri oggetti per ricavarne metallo prezioso ma da cui, grazie ad una donna, colpita dalla bellezza della scena raffigurata, fu salvato dopo essere stato strappato dall’insieme di cui faceva parte; da Napoli il prezioso oggetto finì nella collezione privata Vint de Colchester e quindi al British Museum che lo acquistò e dove tuttora si può ammirare. Sempre al British Museum è esposto il tesoro proveniente dalla “Tomba della Sacerdotessa” che gli inglesi acquistarono nel 1872 dal collezionista Alessandro Castellani. Esso si compone di uno scettro d’oro, un anello e una collana. Ecco il link del British Museum con la descrizione dello scettro d’oro (leggi qui).

Altre argenterie di scuola tarantina presenti al British Museum sono state nei decenni scorsi oggetto di indagini del Nucleo Patrimonio Artistico dei Carabinieri che hanno portato, per fortuna, alla restituzione all’Italia dei preziosi manufatti. Sempre d’argento è il Rhyton (una tazza a forma di testa di animale) che, insieme ad altri importanti reperti, finì nel 1889 nel Museo Civico di Trieste dove è ancora oggi ammirato.  È, però, una statua l’emblema della dispersione in tutto il mondo di parte del patrimonio archeologico tarantino.

Parliamo della “Dea del Trono”, ritrovata in un pozzo di via Mazzini nel 1912. Si pensa che la statua in marmo fosse stata posizionata nel pozzo, chissà quando e chissà da chi, per preservarla da qualche pericolo e che poi sia stata dimenticata lì per secoli.

Permangono ancora oggi dubbi sull’identità della dea rappresentata: secondo alcuni Persefone, secondo altri Afrodite. La statua, pesante circa una tonnellata, rappresenta la dea seduta su di un trono, accomodata con dei cuscini e con i piedi poggiati su uno sgabello. In origine doveva essere decorata con diadema, orecchini e dipinta con colori vivaci. Alcuni esperti ipotizzano che la dea accogliesse, poggiato sulle gambe, un bimbo. Le mani sono mozzate, ma ciò nulla toglie all’imponenza e alla bellezza della figura femminile seduta sul trono.

Le notizie d’epoca riportano che la statua fu trafugata la notte stessa del ritrovamento e caricata su un carretto e trasportata al porto dove fu imbarcata. Si ipotizza che le mani furono mozzate nella concitazione dell’operazione di trasferimento. Negli anni seguenti fu segnalata la sua presenza prima a Parigi, poi in Svizzera e infine fu acquistata dal governo tedesco che la destinò al Museo di Berlino. Recentemente è stata realizzata una perfetta copia in gesso con tecnica di scannerizzazione laser che si può ammirare al Museo Archeologico di Taranto.

Sempre a Berlino si trova una statua di donna in marmo (kore) risalente al periodo classico. Ma siccome vogliamo essere davvero presenti in tutto il mondo, non potevano mancare reperti provenienti da Taranto neanche a Boston, nel cui museo sono esposte, per esempio, alcune statue marmoree. Potremmo continuare ancora per molto descrivendo statue, bronzi, preziosi, terrecotte, presenti a Londra, Parigi, Berlino, Copenhagen, New York, Boston, Los Angeles, provenienti da Taranto. Si potrebbe scrivere un trattato vero e proprio, ma noi vogliamo soltanto rendere l’idea di quanto Taranto sia nei musei di tante città del mondo. Rimandiamo a qualche link la possibilità di maggiori approfondimenti.

Il MarTa di Taranto non ha nulla da invidiare ai più prestigiosi musei archeologici del mondo intero, esponendo una delle più ricche collezioni di reperti greci (soprattutto) e romani che possano essere ammirate.  In queste settimane sta godendo di un merito successo, anche grazie alla recente inaugurazione del secondo piano. Resta il rammarico per come Taranto sia stata depredata di tanti suoi tesori unici per bellezza ed importanza. Tra la fine dell’800 e il 1960 un vero e proprio scempio delle testimonianze storiche di Taranto è stato compiuto. La costruzione di interi quartieri, avvenuta senza particolari controlli sul patrimonio archeologico, ha fatto sì che tanto venisse distrutto dalle ruspe e malamente depredato.

Mercanti, antiquari senza scrupoli hanno potuto accaparrarsi oggetti provenienti dal sottosuolo di Taranto per rivenderli spesso a musei e collezionisti privati ricavandone buoni guadagni. Consoliamoci con ciò che ci resta (ed è tantissimo) e facciamo in modo, per il futuro, di tutelare maggiormente ciò che il sottosuolo ci regala. Il depotenziamento della Sovrintendenza di Taranto non è un buon segnale, seppure vi siano state rassicurazioni sul fatto che nulla cambierà sulla tutela archeologica. Taranto deve acquisire maggiore consapevolezza dell’importanza del suo patrimonio archeologico, conoscendolo meglio e guardando con gran rispetto ciò che è giunto fino a noi attraverso i millenni. Le ricchezze del passato possono rappresentare una grande occasione di sviluppo culturale, turistico ed economico per la città. Anche per questa ragione dobbiamo esserne gelosi.

Fonti consultate:

Archeotaranto: http://archeotaranto.altervista.org/archeota/taras78/lascultura.htm

Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/taranto_(Enciclopedia-dell’-Arte-Antica)/

Istituto per l’archeologia e la storia della Magna Grecia: http://www.isamg.it

Taranto Magna: http://www.tarantomagna.it/curiosita/persefone-berlino-taranto-verita-dea-in-trono/[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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