Taranto: quale futuro per Cementir? Un caso da seguire attentamente

Loppa d’altoforno, scaglie di ghisa, pietrisco e loppa di sopravaglio: stabiliranno i tecnici incaricati dalla Procura titolare dell’inchiesta scaturita dalle attività investigative della Direzione distrettuale antimafia di Lecce se questo materiale finiva o no nel cemento prodotto dalla fabbrica di Taranto del gruppo Cementir Holding S.p.A. della famiglia Caltagirone e, nel caso ciò effettivamente avvenisse, se fosse lecito (leggi qui).

Per il momento l’inchiesta è in corso e caso vuole che il sequestro dell’area a caldo del cementificio di Taranto (insieme al parco loppa di Ilva e alla centrale Enel Federico II di Cerano) sia avvenuto appena pochi giorni dopo che la Cementir Italia S.p.A., che comprende diversi cementifici a ciclo completo e alcuni centri di macinazione, sia passata di mano ed ora faccia parte del gruppo Italcementi S.p.A (leggere la nota di rettifica di Italcementi Spa: https://www.inchiostroverde.it/65713-2/).

In verità il sequestro con facoltà d’uso è un provvedimento puramente amministrativo, poiché già da quasi tre anni l’area a caldo del cementificio di Taranto è ferma e i suoi operai sono in cassa integrazione a zero ore. Crisi dell’edilizia e conseguente calo della richiesta di cemento e forse anche la necessità di adeguare al meglio gli impianti produttivi hanno reso sconveniente far proseguire l’attività del cementificio in questi anni e probabilmente per sempre.

Come dichiarato in diverse Conferenze dei Servizi, terreni e falda interni a tutta l’area industriale compresa nel Sin presentano superamenti per diversi inquinanti e in particolare:

Suolo e sottosuolo → Antimonio, Arsenico, Berillio, Cadmio, Cobalto, Cromo totale, Cromo esavalente, Mercurio, Piombo, Nichel, Zinco, Cianuri, Rame, Vanadio, Idrocarburi C<12 e C>12, IPA singoli e totali, Benzene, Xilene.

Gli inquinanti maggiormente presenti sono gli IPA (circa il 60% dei superamenti riscontrati) e metalli pesanti.

Acque sotterranee → Arsenico, Selenio, Alluminio, Ferro, Manganese, Nichel, Piombo, Cianuri, Cobalto, Cromo totale, Cromo esavalente, Solfati, Nitriti, BTEX, alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni, IPA singoli e totali, Idrocarburi tot, MTBE.

Nella Conferenza dei Servizi del 17/07/2014, tenutasi presso il Ministero Ambiente,  si è inoltre discusso dei risultati delle caratterizzazioni della banchina Cementir all’interno del Porto mercantile e si è convenuto sulla necessità di intervenire con bonifiche e trattamenti di suolo e acque di falda, considerando i livelli di inquinanti misurati nelle due matrici.

Ad oggi non ci risulta, e vorremmo essere smentiti, che sia stata effettivamente completata (ma forse neanche iniziata) la messa in sicurezza della falda e il trattamento delle acque intercettate nell’area industriale in oggetto, se non per una attività sperimentale non ben specificata. Nulla è stato fatto per la bonifica della banchina portuale che resta inagibile.

Le questioni che quindi poniamo, in un’ottica di possibile chiusura dell’area a caldo di Cementir Taranto, sono le seguenti:

– Verrà mai ripristinato lo stato dei luoghi dell’area a caldo in dismissione e da parte di chi?

– Verranno mai completate le bonifiche in un’area confinante con altre fonti inquinanti (parco minerali)?

– Il cambio di proprietà potrà rallentare il processo di ripristino dei luoghi?

– Gli operai potranno essere impiegati, dopo opportuna formazione, nelle opere di bonifica?

Riteniamo che la questione Cementir debba essere seguita con la massima attenzione. Per quanto il cementificio sia la minore delle grandi industrie tarantine, il suo destino finale potrebbe indicarci la strada operativa per il futuro, nel caso altre attività industriali dovessero cessare di operare.