Bonifiche Tamburi: Liberi e Pensanti, Verdi e M5S denunciano anomalie
Attivisti del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, del Movimento Cinque Stelle e dei Verdi, hanno illustrato ieri i contenuti di una denuncia ai carabinieri del Noe di Lecce, all’ARPA Puglia e ai Custodi Giudiziari dell’Ilva di Taranto evidenziando anomalie nel progetto di bonifica di alcuni terreni e aree verdi del rione Tamburi. L’azienda Axa di Lecce, che ha vinto un appalto dell’importo di 2 milioni di euro, è incaricata dall’amministrazione comunale di rimuovere 30 centimetri di suolo contaminato e di sostituirlo con terreno vergine. Ma le analisi di rischio sanitario ambientale, secondo i denuncianti, evidenziano la presenza di sostanze cancerogene fino ad un metro di profondità, determinando una situazione di rischio non accettabile.
“Non ha senso parlare di bonifiche – viene osservato nella denuncia – se le fonti inquinanti sono ancora attive, compromettendo tutto il lavoro che si sta svolgendo ed i soldi pubblici spesi per realizzare i lavori, contravvenendo al principio di ‘chi inquina paga’, dal momento che i soldi impiegati provengono dal pubblico e non dal privato inquinatore”. Inoltre, si manifesta preoccupazione per la tipologia di lavori effettuati. “Non sembra evitabile la dispersione di polveri nell’ambiente – precisano i Liberi e Pensanti – e la conseguente messa in pericolo per i cittadini e per gli stesso lavoratori dell’impresa appaltatrice”.
“La vicinanza dei cantieri in cui avviene lo scavo con le civili abitazioni e le vie di comunicazione può essere potenzialmente un pericolo in quanto si potrebbero creare le condizioni di esporre la cittadinanza e gli stessi lavoratori alle sostanze presenti all’interno dei terreni da bonificare – si legge in uno stralcio dell’esposto – sempre a proposito di distanze, l’attuale capannone adibito a deposito di rifiuti è collocato nei pressi di civili abitazioni ed al deposito/officina di mezzi delle FSE, nonché nelle vicinanze di strutture sensibili quali la scuola “G.B.Vico”. Come è stata stabilita l’ubicazione di tale capannone in ragione del fatto che trattasi di deposito di rifiuti, anche potenzialmente pericolosi? Come si può accertare che il quantitativo dei rifiuti stoccati all’interno del capannone non sia eccedente a quanto previsto dalla normativa vigente e dalle autorizzazioni in possesso? Come si possono accertare le condizioni di stoccaggio di rifiuti affinché non siano nocive per suolo/sottosuolo e falde?”.
Nella parte finale dell’esposto – sottoscritto da Cataldo Ranieri, Nicola Ordini, Massimo Battista, Gianluca Casamassima, Aldo Schedi, Bartolomeo Lucarelli e Teresa D’Amato -è scritto quanto segue: “Vogliamo inoltre sapere se il comportamento posto in essere anche dalla Pubblica Amministrazione sia stato rispettoso delle regole: se, difatti, abbia effettivamente adempiuto agli obblighi previsti dalla normativa ambientale in materia anche di bonifica dei siti contaminati. Ora, non possiamo sapere se siano stati commessi reati da parte di qualcuno: il nostro unico fine è quello di accertare i fatti e di vivere tranquilli perché abbiamo il diritto di sapere cosa stia accadendo. Abbiamo il diritto di sapere ciò che sta avvenendo per il principio stabilito dall’articolo 32 della nostra Costituzione di non correre pericoli per la nostra salute. Tanto premesso, con il presente atto rappresentiamo i suddetti fatti e li esponiamo affinché vengano svolte le indagini ritenute opportune (previa acquisizione, ad esempio, dei filmati e delle fotografie allegati alla presente), e venga fatta luce sull’accaduto; se del caso, vengano puniti i responsabili degli eventuali reati che dovessero ritenersi configurati”.