Il femminicidio ora è diventato reato autonomo: cosa cambia col ddl del governo attuale

Giro di vite a favore delle donne. Uccidere una donna è una aggravante punibile con l’ergastolo. Servirà a proteggerle?
Nel libro più famoso di Margaret Atwood ” Il racconto dell’ancella” c’è una frase che accompagna le donne vessate da una crudele cultura patriarcale: “Nolite te bastardes carborundorum”.
Un brocardo in pseudo latino maccheronico che ricorda alle donne “non lasciate che i bastardi vi spezzino”. Parole forti, dure, che portano con sé il dolore di ogni donna schiacciata dal potere maschile oppressivo e crudele. Il libro voleva essere un racconto distopico, ma negli ultimi anni la cultura del patriarcato ha soverchiato l’ordine.
Donne uccise, stuprate, crimini atroci commessi da amici, compagni, nuclei familiari che vedono ancora la donna come un oggetto, qualcosa di diverso dall’uomo.
Uno sbaglio enorme con radici antiche, che ha sempre visto “il maschio” come essere dominante e la donna angelo del focolare con ruoli definiti da una società tristemente retrograda.
Il reato di femminicidio
Questa incapacità di rieducare l’uomo a non avere un culto del possesso su una donna, ha generato un dibattito importante per evitare che altre donne siano uccise. L’espressione dell’aggressività maschile, negli ultimi tempi ha visto una recrudescenza di omicidi in cui le vittime sono di solito le loro donne.
Il legislatore ha avvertito il bisogno di inserire il reato di femminicidio come aggravante, perché viene contestualizzato nei crimini d’odio. Il reato commesso verso una donna è palesemente compiuto, proprio per il suo genere, per discriminazione e quindi non può essere preso in considerazione come omicidio generico.

Difesa totalizzante per le donne
Nella ddl si prevede anche che la pena sia aumentata da un terzo alla metà se”nel caso di maltrattamenti di familiari o conviventi, “il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”.
Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi per quanto riguarda le minacce e il revenge porn. Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, pena che aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili. Si prevede anche la partecipazione a corsi formativi specifici per i magistrati giudicanti o requirenti assegnati alla trattazione di procedimenti in materia di famiglia o di violenza contro le donne o domestica.