“Esprimiamo la nostra profonda delusione e amarezza per la decisione definitiva della IV Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione, che ha annullato senza rinvio il ricorso contro Fabio Riva e Luigi Capogrosso, gli ex manager ITALSIDER-ILVA, accusati della morte per amianto di due lavoratori”, è quanto hanno dichiarato Maura Crudeli, presidente nazionale e Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di AIEA, Associazione Nazionale Esposti Amianto, parte civile nella lunga e tortuosa vicenda processuale.
“Il fatto non sussiste e prescrizione del reato”: queste le motivazioni addotte dalla IV Sezione della Cassazione, per i quali i due ex dirigenti non pagheranno nessuna pena per la morte di Cosimo Adamo e Vito Ancona, morti per amianto come gli altri 9 lavoratori ex Italsider-ILVA, per i quali si attende il processo in Corte d’Appello a Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, che vede imputati altri due ex manager, Sergio Noce e Attilio Angelini. Ma la Cassazione ha però condannato i due, Riva e Capogrosso, alla “rifusione” delle spese sostenute dalla parte civile Associazione Italiana Esposti Amianto: “Questo è un fatto positivo- hanno sottolineato Crudeli e Aurora- che ci consente di attivare il ricorso in sede civile, in quanto parte lesa nel nostro impegno a difesa del diritto alla salute”.
Riva e Capogrosso erano stati condannati in primo grado nel 2014 a 6 anni, ma erano stati prosciolti in Appello, nonostante la richiesta del PG di condanna a 3 anni e mezzo: su questa sentenza aveva fatto ricorso la Procura di Taranto e le parti civili, fra cui in particolare AIEA . Ma, la loro posizione era stata stralciata dalla prima udienza in Cassazione del 13 giugno dello scorso anno per omessa notifica: in quella occasione, sempre la IV Sezione Penale aveva appunto deciso il rinvio alla Corte d’Appello di Lecce degli altri due imputati Sergio Noce, condannato in Appello a 2 anni e 4 mesi (9 anni e 6 mesi in primo grado) e Attilio Angelini a 2 anni (9 anni e 2 mesi in primo grado). L’accusa è sempre la stessa, omicidio colposo e omissione dolosa di cautele per i lavoratori esposti all’amianto, la stessa, appunto, per Riva e Capogrosso: una accusa grave, che riguarda l’omissione delle norme di sicurezza, per cui per anni i lavoratori sono stati esposti all’amianto, pur essendoci una legislazione che lo avrebbe impedito se fosse stata applicata!
“ll fatto non sussiste, ancora una volta-sottolineano Maura Crudeli e Fulvio Aurora, assistiti dall’avvocato Stefano Palmisano- sembra prevalere la teoria “negazionista”, per cui non si può individuare l’inizio della cancerogenesi con la conseguente morte dei lavoratori in relazione con la responsabilità di manager e dirigenti aziendali. I reati sono sono prescritti: una mannaia che si abbatte sul diritto alla giustizia delle vittime, una ingiustizia che si somma all’ingiustizia, il reato c’è stato, ma non è più punibile, perchè prescritto! Una mannaia che rischia di abbattersi su tanti processi in corso, da Nord a Sud, per la morte ingiusta di tanti, troppi lavoratori, morti per il lavoro, per l’amianto respirato in fabbrica! Questa vicenda è l’ennesima riprova che il diritto al lavoro va di pari passo con il diritto alla salute. La vicenda in corso per la “salvezza” dell’ex ILVA di Taranto, e il moltiplicarsi delle patologie e morti nel territorio, sono la riprova, oggi più che mai, che occorre garantire i posti di lavoro e contestualmente attuare azioni per la tutela del diritto alla salute”.
La vicenda processuale per i morti all’ex Italsider-ILVA di Taranto è “esemplare” rispetto all’andamento di procedimenti giudiziari simili: furono 27 gli imputati condannati in primo grado nel 2014 a ben 189 anni complessivi, perchè ritenuti responsabili della morte di 31 lavoratori. Adesso, fra prescrizioni, assoluzioni e decessi di imputati, siamo arrivati a soltanto due imputati, gli ultimi:Noce e Angelini, sotto processo a Lecce per la morte di 9 lavoratori. Giustizia sarà mai fatta?
AIEA- Associazione Nazionale Esposti Amianto
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