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Ex Ilva, Taranto resta capitale italiana del fossile mentre in Svezia si sperimenta

L’acciaieria di Taranto è al primo posto per produzione di CO2 in Italia, questa la denuncia di Peacelink di questi giorni a giornali e governo. Della questione se ne era già più volte occupato Inchiostroverde.it (link) riportando numeri ed evidenziando il triste primato dell’industria di Taranto responsabile della maggiore quantità di CO2 prodotta in Italia.

Alle denunce di questi giorni ArcelorMittal ha risposto con una nota con cui specifica che l’acciaieria tarantina rispetta le medie europee di emissioni di CO2/ t di acciaio prodotto e che ha come obiettivo la riduzione del 15% entro il 2023 delle emissioni di CO2/t.

Questo comunicato non ci rassicura di certo. Se è possibile che migliorando le attuali tecnologie produttive (limitatamente a quel che è migliorabile per un’industria concepita a fine anni ‘50) si potrà ottenere una riduzione di emissioni di CO2, è anche vero che negli obiettivi di Mittal vi è l’aumento di produzione che compenserà i risultati previsti.

Mittal inoltre dichiara il proprio impegno nella riduzione delle emissioni di CO2 così come promesso nel “First Climate Action Report” pubblicato nel maggio 2019 (https://corporate.arcelormittal.com/news-and-media/press-releases/2019/may/29-05-2019).

Il 2050 dovrebbe infatti essere per l’Europa l’anno del raggiungimento della neutralità del carbonio: le quantità di CO2 prodotte dovrebbero non essere superiori a quelle del carbonio sottratto dal ciclo naturale.

Temiamo che Taranto possa restare fuori da questa corsa alle tecnologie a impatto zero e che l’attuale ciclo produttivo dell’acciaio resterà più o meno lo stesso per chissà quanti anni ancora. Riteniamo infatti assai difficile che il siderurgico possa stravolgere l’attuale modello produttivo mentre continua ad essere attivo.

L’Italia inoltre non attua ancora politiche fiscali penalizzanti per chi utilizza in modo prevalente il fossile nei cicli produttivi e neanche incentiva le industrie che non inquinano.

Finché questo non avverrà (vedremo se il DEF conterrà qualche norma del genere) dubitiamo che sua sponte il privato aumenterà i costi di produzione utilizzando energie non inquinanti in un mercato globale in cui comanda ancora il miglior prezzo, senza alcuna etica di mercato.

E mentre qui a Taranto si ragiona su come evitare la dispersione delle polveri di carbone e su una minima riduzione delle emissioni di CO2, in altre parti d’Europa, altre società a capo di industrie siderurgiche mettono in atto sperimentazioni per produrre acciaio riducendo quasi del tutto l’emissione di CO2 e in particolare eliminando l’uso del carbon coke che nella produzione del ferro dal minerale ferroso ossidato.

Per esempio, in Svezia, si è costituita la Hybrit, una società formata dal produttori di acciaio SSAB, dalla azienda di produzione energia elettrica Vattenfall e da LKAB, uno dei maggiori produttori mondiali di ferro. Sul sito di Hybrit si legge: “Dopo uno studio di pre-fattibilità, condotto 2016-2017, i proprietari hanno dato il via libera alla fase pilota e durante l’estate 2018 sono iniziati i lavori per la costruzione di un impianto pilota unico al mondo per la produzione di acciaio privo di fossili nel sito SSAB di Luleå, Svezia.

L’ampio programma di sviluppo è finanziato da SSAB, LKAB e Vattenfall con il sostegno dell’agenzia svedese per l’energia. HYBRIT inizierà anche a costruire un impianto pilota a Malmberget per fare test per la produzione di pellet senza fossili.

Parallelamente, le prove saranno condotte in una struttura sperimentale a Luleå. Si testeranno inoltre ulteriori alternative, come plasma privo di CO2 e carburanti non ancora commercializzati.

Presto è previsto l’avvio di un nuovo progetto pilota a Luleå per sostenere lo stoccaggio dell’idrogeno, che costituisce un importante complemento del primo impianto pilota. Una parte importante del concetto di HYBRIT è lo straordinario impianto pilota che ora è stato costruito nello stabilimento SSAB di Svartön.

Nell’impianto pilota produrremo idrogeno e testeremo la riduzione diretta del minerale di ferro (DRI) con idrogeno. La principale fonte di energia per il concetto HYBRIT è l’elettricità senza fossili di Vattenfall.

Viene utilizzato principalmente per la produzione di idrogeno su larga scala tramite elettrolisi dell’acqua e per il funzionamento dei forni ad arco elettrico.

La sostituzione del carbone con elettricità e idrogeno nel processo HYBRIT richiederà circa 15 TWh all’anno, pari a circa un decimo della produzione elettrica annuale svedese.”

http://www.hybritdevelopment.com/articles/hybrit-commended-by-swedish-environmental-protection-agency

Produrre acciaio con ciclo integrale e ridurre al minimo inquinamento ed emissioni di CO2 non è quindi un sogno irrealizzabile e probabilmente nei prossimi anni le nuove acciaierie sfrutteranno le tecnologie attualmente in fase di sperimentazione.

Certamente i tempi per l’adozione delle nuove tecnologie per la produzione mondiale di acciaio saranno lunghi, ma il futuro è segnato: le vecchie industrie a carbone entro qualche decennio chiuderanno o dovranno essere riprogettate.

La Svezia si dimostra ancora una volta un Paese ultra moderno e attento alle problematiche ambientali.

In Italia, la questione ambientale e il rischio riscaldamento globale sono temi centrali nel dibattito politico e l’attuale governo si è dichiarato intenzionato a mettere in campo misure che porteranno ad un graduale abbandono del fossile.

Vorremmo, così come avviene in Svezia, che, anche da noi, dalle buone intenzioni si passasse a fatti concreti.

Per il momento Taranto resta la capitale del fossile in Italia e, vista da qui, la rivoluzione tecnologica verso industrie a impatto zero la possiamo solo lontanamente immaginare.

Giuseppe Aralla

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Giuseppe Aralla

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