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Ex Ilva, Medicina Democratica: ci sarà mai giustizia per i morti di amianto?

“Esprimiamo la nostra profonda delusione e preoccupazione per la decisione di ieri della Corte Suprema di Cassazione di rinviare alla Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, il procedimento contro gli ex dirigenti ITALSIDER-ILVA di Taranto: ci aspettavamo una conferma delle condanne dei due ex dirigenti ritenuti responsabili della morte per mesotelioma di 11 lavoratori, per un atto di giustizia da troppo tempo attesa, ma che ci appare sempre più come una chimera inafferrabile”, è quanto ha dichiarato Maura Crudeli, presidente nazionale di AIEA, Associazione Nazionale Esposti Amianto, parte civile nel processo, presente all’udienza con Fulvio Aurora, responsabile nazionale vertenze giudiziarie AIEA, Sabina Contu, segretaria Nazionale, Valentino Gritta vicepresidente nazionale e l’avvocato di parte civile Stefano Palmisano.

In Cassazione, IV Sezione Penale, ieri sono arrivati in due, rispetto ai 27 imputati condannati in primo grado nel 2014 a ben 189 anni complessivi, perchè ritenuti responsabili della morte di 31 lavoratori. Nello specifico si tratta di Sergio Noce, condannato a 2 anni e 4 mesi (9 anni e 6 mesi in primo grado) e Attilio Angelini a 2 anni (9 anni e 2 mesi in primo grado): l’accusa è di omicidio colposo e di omissione dolosa di cautele. C’era un terzo imputato, Giambattista Spallanzani, condannato in appello a 2 anni e 8 mesi (9 anni in primo grado), che nel frattempo è deceduto e su cui la Corte ha dichiarato il non luogo a procedere.

In realtà l’udienza di ieri in Cassazione era prevista il 5 febbraio scorso, ma fu rinviata all’ultimo momento per mancate notifiche, ma anche ieri è stato effettuato uno stralcio per mancata notifica della posizione degi altri due imputati, Fabio Riva, ex vicepresidente di Riva Fire e Luigi Capogrosso, ex direttore della fabbrica: condannati in primo grado a 6 anni erano stati prosciolti in Appello, nonostante la rchiesta del PG di condanna a 3 anni e mezzo, ma su di loro aveva fatto ricorso la Procura di Taranto.

E’ quindi legittimo chiedersi come e quando si concluderà questa lunga e dolorosa vicenda processuale, le cui tappe fondamentali sono state la sentenza di primo grado nel 2014 e quella in Appello del 2017. Questi i nomi degli 11 lavoratori deceduti per mesotelioma pleurico all’Ex ITALSIDER-ILVA: Simonelli Domenico, Tillilli Antonio, De Carlo Paolo, De Marco Dalmasso, Carrieri Marcello, Cito Sante, Russo Angelo, Mariano Vittorio, Casamassima Giuseppe, Lanzo Antonio, Pisoni Arcangelo. Quanto ancora dovranno aspettare per aver giustizia, se mai giustizia ci sarà?

“Si tratta di una questione fondamentale di principio- ha detto Maura Crudeli- nonostante l’esiguità della pena, la sentenza della Corte d’Appello di Taranto del 2017 aveva riconosciuto il nesso di causalità fra l’esposizione all’amianto e il mesotelioma e quindi il nesso fra l’amianto e la morte della gran parte degli operai per mesotelioma e patologie asbesto correlate. E’ questa la nostra battaglia: il riconoscimento penale delle responsabilità, contro tutti i tentativi in atto per arrivare sostanzialmente ad un nulla di fatto, fra prescrizioni, lungaggini burocratiche infinite, distrazioni, mancate notifiche e cavilli giuridici! Per questo AIEA, con Medicina Democratica, è impegnata su numerosi fronti e procedimenti giudiziari fra cui i processi del Petrolchimico di Mantova; della Marina Miltare 1 e 2; della FIBRONIT di Broni; della Solvay di Spinetta Marengo, del’ETERNIT a Torino, Napoli e Vercelli. ”

Una battaglia di principio che si inscrive in uno scenario drammatico, la cui evidenza è quotidianamente sotto gli occhi di tutti: Taranto è la provincia in Italia con il più alto numero di morti per malattie professionali, con un aumento preoccupante di patologie tumorali anche fra i giovani e una maggiore mortalità nei quartieri a ridosso del siderurgico. Rischia davvero di essere stato vano il sacrificio dei troppi morti per i lavoro, passati e presenti, vista l’ennesima crisi all’ILVA con i 1.400 operai messi improvvisamente in cassa integrazionee la richiesta della attuale proprietà Arcelor Mittal di altri 5 anni di esenzione da accuse di carattere penale. Ancora una volta, come in passato, un pesante ricatto sulla popolazione, lavoro o salute. (Nota stampa di Medicina Democratica)

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