Toti, Tata, gli Oesais e gli abbracci di Taranto
Due ragazzi si baciano. Si abbracciano, si osservano con uno sguardo che sa di promessa di amore eterno. Si lasciano trasportare dalla musica mentre, attorno a loro, migliaia di persone cantano all’unisono il ritornello di un brano che parla di una vecchia Fiat 127 rubata.
Questo è stato il potere degli Oesais, ospiti del concerto 1 Maggio Taranto Libero e Pensante. Gli organizzatori dell’evento del parco archeologico delle mura greche hanno sfoderato la carta vincente in termini di appeal sul territorio, invitando sul palco Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, in arte Toti e Tata, per l’occasione nei panni della versione in salsa pugliese degli Oasis, rock band tra le più amate a livello mondiale.
Impressionante vedere e sentire decine di migliaia di voci che hanno accolto i due comici, acclamandoli più di un gruppo “vero”. A un orecchio arido di nozioni storiche “totietatisme”, forse è sembrato assurdo sentire i cori che riproducevano alla lettera i testi in molfettese che accompagnano i brani dei fratelli Gallagher nostrani.
In apertura “Sind a me, vatten”, passando per pezzi cult come “Sime turaist inglais” e, appunto “U’ 127 Abbart”. Per una sera la vastissima platea, specialmente il pubblico sulla trentina, abbastanza giovane per ricordare Toti e Tata e non abbastanza adulto da evitare espressioni colorite da groupie, ha fatto un salto indietro nel tempo di oltre vent’anni. Quando ridere faceva ridere davvero.
Gli Oesais nascono nel 1998 all’interno del programma “Love Store” trasmesso da Telenorba. L’idea geniale, quanto genuina, di Emilio e Antonio era di ironizzare, vista l’assonanza, sul nome Oasis pronunciato alla molfettese, il cui dialetto dilata e restringe le vocali.
Altra leva esilarante, il rapporto conflittuale tra i fratelli Liam e Noel, quelli veri, e il loro rapporto difficile con l’alcolismo. Da qui nasce il famigerato “Chiò…chiò…” con tanto di gesto della mano con cui uno prende in giro l’altro per il suo vizio di bere non il britannico whisky, ma un pugliesissimo vino rosso.
Questa parodia come filo conduttore di una comicità verace che abbatte le barriere del tempo. Toti e Tata arrivano alla popolarità in tutta la regione agli inizi degli anni ’90, con Teledurazzo. Un quiz i cui concorrenti erano sistemati all’interno dei cassonetti della spazzatura. Da qui una serie incredibile di successi in tv e nelle piazze in delirio per sketch e battute diventate capitoli di storia popolare, ma sempre all’insegna della comicità verace.
La coppia Solfrizzi-Stornaiolo, in oltre 30 anni di sodalizio, con pause intermedie e momentanee separazioni, ha sempre fatto leva sulla risata intelligente. Il sorriso scatenato dall’osservazione, dal prendersi in giro e dal divertimento suscitato dai nostri difetti.
Mai una parolaccia, mai una volgarità. A volte un passaggio di satira politica, ma sempre frutto di studio e ragionamento. La genialità nella creazione dei personaggi, a volte presi dal mondo della letteratura e della cultura. Come l’indimenticabile fricchettone che cita “Il gabbiano Jonathan Livingstone” di Richard Bach o l’attore Carmelo Meglio (ispirato al maestro Bene) che dopo una declamazione in versi urla in dialetto barese contro la madre.
Oppure Kiavik, il supereroe che riesce nell’impresa di trovare parcheggio in centro durante l’ora di punta o il poeta dannato Mino Pausa. Passando per la coppia in musica Piero Scamarcio e lo Scippatore d’Emozione e le loro falsissime collaborazioni con i Beatles e i Rolling Stones, fino ad arrivare al mondo del calcio con il procuratore Frusckua e il suo talento brasiliano che soffriva di saudade Luisito Ordinho. La lista di maschere, giochi comici, sit-com, scene che fanno parte del linguaggio pugliese, è potenzialmente infinita.
E anche sul palco di Uno Maggio 2019, è sembrato che il tempo non fosse mai trascorso da quel 1998 in cui gli Oesais furono protagonisti di un tour con oltre venti concerti in tutta la Puglia. Stessa voglia di stare insieme, stessa voglia di divertirsi e di far divertire. Anche quando le battute non erano pronunciate correttamente, anche quando il copione non veniva rispettato, bastava una risata per cancellare l’errore.
Toti e Tata sono stati felici di essere a Taranto. Si è visto. Sui loro volti la gioia di condividere un momento così importante per la città, e perché no anche per la loro carriera, nei loro occhi la sincerità nelle interviste alla stampa: «Taranto deve sapere che Emilio e Antonio ci sono. Noi siamo qui, perché questa città ha bisogno di tutti. E noi ci sentiamo tarantini sul serio».