1 Maggio Taranto: una musica può fare… sul serio

Il successo è di chi crede in quello che fa. I numeri possono essere paradossalmente secondari, perché l’obiettivo anche quest’anno è stato raggiunto. Il Primo Maggio Taranto Libero e Pensante si conferma non solo come uno degli eventi più attesi del sud Italia, ma soprattutto come concreta testimonianza che la gente, semplice, i cittadini, senza avere i famosi santi in paradiso, riesce in imprese sulla carta quasi impossibili.

La storia di oggi. Il concertone organizzato dal Comitato simboleggiato dall’Apecar nel 2013 era una sfida, una scommessa, oggi è una realtà che testimonia che la gente di questa terra non vuole soltanto subire le condizioni poste da questo o quel politico o da questo o quell’industriale.

Vivere anche solo per un giorno all’interno di questa mega macchina organizzativa, trasmette la maestosità di una manifestazione che, come ribadiscono gli organizzatori, parte dal basso. Varchi di prefiltraggio, controlli di sicurezza, la divisione per aree del parco archeologico delle mura greche, presidio di soccorso, forze dell’ordine, volontari.

Se il giorno dopo le critiche sono solo indirizzate alla qualità o prestigio della line-up musicale, allora vuol dire che tutto è andato alla perfezione. Taranto ha ancora una volta mostrato a tutto il Paese di essere una città viva,  che non si limita soltanto ad urlare ma riesce a proporre l’idea di cambiamento.

Il Comitato. «Per un solo giorno di evento lavoriamo tutto l’anno» dice dal palco Gianni Raimondi, detto Gion Uein, a nome del Comitato, che presenta il mitico “zio Vito” come esempio di dedizione alla causa.

«Da sei anni cerchiamo di dire solo la verità» fa eco Virginia Rondinelli alternandosi alle voci del presidente Simona Fersini e di Michele Riondino, componente dei Liberi e Pensanti che mette a disposizione la sua importante carriera artistica per allestire con Diodato e Roy Paci uno spettacolo di cui Taranto ha bisogno.

E non solo per distrarsi o per non pensare ai problemi della città, ma proprio per far arrivare ai piani alti la voce di una terra che non vuole più essere famosa solo per le ciminiere o per i record di infortuni e morti in fabbrica.

«Dal 2 agosto 2012 (giorno della prima uscita dei Liberi e Pensanti – ndr) l’Apecar non si è mai fermato – ha commentato Aldo Ranieri, con Massimo Battista tra i fondatori del Comitato – questo concerto ha tutti i valori e gli ideali che quel piccolo mezzo trasporta da allora»

La musica. L’edizione 2019 ha dato la possibilità a validissimi emergenti come Bugo, Maria Antonietta, Ainé, Epo, di miscelarsi a storiche band underground del calibro di Tre Allegri Ragazzi Morti, Colle der Fomento e Cor Veleno e ad artisti in alta rotazione come il cantautore gitano Vinicio Capossela, l’armoniosa Malika Ayane e la strana, ma vincente, coppia Max Gazzé – Elio.

Poi i talenti di casa nostra, che hanno infuocato e fatto ballare il pubblico: I Terraros, veri ambasciatori delle sonorità pugliesi, Mama Marjas e Don Ciccio dal sound etnico e coinvolgente.

E non si può parlare di pugliesità senza citare gli inossidabili Toti e Tata che, dopo più di vent’anni, hanno rivestito i panni degli Oesais, la versione nostrana di una delle band più famose al mondo del britpop. Nel calcio si parla di giusto mix tra giovani leve ed esperti. In questo caso c’è stato anche il jolly che ha reso la partita ancora più godibile e piacevole da vedere.

Il futuro. Spenti i riflettori, ripulita la zona concerto, con i volontari che già durante le battute finali delle esibizioni raccoglievano bottiglie e bicchieri, prima del bilancio ci si interroga sull’edizione 2020. Qualcuno ha respirato l’aria da ultimo giorno di scuola, anche se non ci sono indiscrezioni in questa direzione.

L’auspicio è che non si perda l’originalità, la genesi di questo che non è un “contro-concerto”, come qualcuno lo ha definito, ma una manifestazione a favore dell’alternativa per una città che soffre da troppo tempo. 1 maggio Taranto deve restare a favore del territorio, del presente e del futuro, a favore dei cittadini che chiedono solo di poter vivere.

Fabrizio Cafaro

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