Proprio bravo Luigi di Maio a fare il politico. Se non fossi stato di Taranto e se non fossi vissuto a pane e lotte ambientaliste, mi sarei proprio convinto della sua buona fede e della volontà di dare davvero una chance alla nostra città.
Nell’incontro con i rappresentanti delle associazioni, il Ministro dello Sviluppo economico ha dato il meglio di se. Paziente ed impassibile ha incassato le peggiori accuse rivolte al suo modo di gestire la questione ex Ilva.
Qualunque politico, seppur scafato, avrebbe perlomeno mostrato imbarazzo e vergogna sotto l’incalzare delle domande del prof. Marescotti, le osservazioni della dott.ssa Moschetti, le struggenti parole della operatrice culturale del MArTA Grazia Maremonti o le accuse di tradimento politico dell’attore Riondino.
Per oltre due ore, l’incontro in Prefettura si è trasformato in uno sfogatoio in cui si è rappresentata solo in parte l’indignazione dei tanti che hanno valutato negativamente l’operato del ministro e del governo. Di Maio ha incassato i colpi come un pugile esperto, senza mostrare particolari segni di sofferenza.
Ha dichiarato comprensione per i contestatori, immedesimandosi nel loro punto di vista, giustificando però il proprio operato con l’impossibilità di agire diversamente di fronte ad un contratto con Mittal già segretamente firmato dal suo predecessore Calenda.
Una versione già sentita in passato, ma ribadita con più enfasi sotto le incalzanti critiche dell’ex consigliere Massimo Battista fatte al ministro. A chi gli rinfacciava il mancato intervento per annullare gli effetti dei dodici decreti salva Ilva, Di Maio rimpallava annunciando la cessazione a partire da agosto dell’immunità penale per gli amministratori di Mittal.
Mancato coinvolgimento delle associazioni nei tavoli decisori di Roma? Nessun problema: Di Maio invitava chiunque lo ritenesse utile a collaborare fornendo al governo idee e progetti per la riconversione di Taranto.
Perfino sulla valutazione preventiva di rischio sanitario in funzione dei livelli produttivi programmati, Di Maio si è mostrato disponibile a renderla oggetto di un prossimo provvedimento operativo, superando così la valutazione di danno a posteriori che ci rende tutti un po’ cavie da laboratorio.
Taranto deve sviluppare alternative alla grande industria, solo così si potrà cominciare un cronoprogramma che trasformi la città. Di tempi certi Di Maio non ha parlato.
“Da ministro non ho mai pensato di chiudere Ilva”. Di Maio lo aveva espresso chiaramente in mattinata nell’altro tavolo (quello che forse davvero contava) con istituzioni locali ed esponenti vari del microcosmo tarantino.
Tutti rassicurati dalle parole del ministro: “Mittal dà lavoro a ventimila persone”, un’implicita assicurazione sulla sua lunga sopravvivenza. Il governo non stanzia nuovi fondi per Taranto, ma vengono sbloccati quelli già contabilizzati in passato. Roma seguirà passo per passo progetti che interesseranno sanità, Università, bonifiche, Città vecchia, porto, imprese, comuni della provincia.
Tra le proposte maggiormente degne di nota, quella del Presidente della Provincia di restaurare palazzo Frisini, lo storico Liceo Ferraris, per utilizzarlo come sede di un centro di ricerca . Soldi, tanti soldi per Taranto. I presenti, come ad una festa di compleanno, sorridono contenti al festeggiato Di Maio che taglia la torta.
Persino il presidente della Regione Emiliano, un po’ preoccupato dall’eccessiva intrusione del governo nella gestione dei progetti che partiranno, è stato rassicurato da Di Maio: Roma non scavalcherà le competenze degli enti locali sulla gestione dei fondi disponibili.
In tanti stasera saranno tornati a casa ben contenti della visita dei ministri a Taranto. Nessuno stravolgimento, per ora, dei programmi industriali e parecchi soldini per muovere un’economia anemica che senza aiuti è in sofferenza.
Qualche passo in avanti si preannuncia su alcune modifiche anticipate da Di Maio rispetto a norme riguardanti immunità penale e danno sanitario che, con Calenda al MiSE, ci avevano indotti a livelli davvero alti di intolleranza per le istituzioni.
Tutti riconvocati tra due mesi, quando si farà il punto sullo stato di avanzamento dei progetti che dovrebbero presto partire. Appena fuori dalla zona rossa della Prefettura in tanti protestavano silenziosi o esprimendo ad alta voce la propria delusione per il capo di un Movimento a cui avevano creduto.
Una giornata particolare in riva allo Ionio, ma non troppo diversa da tante altre che la nostra città ha vissuto in passato. Di parole per Taranto, negli anni, ne sono state spese fin troppe senza che abbiano mai portato un vero cambiamento. Vedremo anche questa volta cosa accadrà in concreto. Intanto i camini continuano a fumare e continueranno per molto ancora.
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