Ex Ilva, ai bimbi di Taranto servono interventi straordinari non palliativi

Nel febbraio 2018 ci chiedevamo se la distanza dalle fonti inquinanti potesse incidere selettivamente sul benessere psico-fisico dei bambini di Taranto e in maniera del tutto empirica utilizzavamo le schede di presentazione delle scuole per dedurre che in quelle più vicine all’area industriale vi fosse una maggior incidenza di casi di DSA (disturbi specifici di apprendimento).

Questo si leggeva nella scheda di presentazione della scuola DELEDDA nel portale SCUOLA IN CHIARO del Ministero dell’Istruzione nel 2018:

LA SCHEDA DELLA SCUOLA DELEDDA

“La nostra Scuola opera in una realtà notevolmente complessa. Lo stato di svantaggio del quartiere è in crescita, in considerazione della grave crisi occupazionale dell’allontanamento dal quartiere delle famiglie culturalmente più elevate.

Mancano o sono insufficienti i luoghi di aggregazione sociale e i nostri ragazzi sovente vengono avviati precocemente nel mondo adulto anche verso forme di devianza. Inoltre, recenti indagini dell’Istituto Superiore della Sanità su un campione significativo di alunni hanno evidenziato l’incidenza degli agenti neurotossici di provenienza industriale sulle capacità di apprendimento e sui disturbi evolutivi che si aggiunge all’impoverimento cognitivo legato allo svantaggio culturale.

La scuola conta numerosi BES, tra cui 53 disabilità certificate, altrettanti casi non diagnosticati per i quali è previsto un PDP, 17 alunni con DSA certificati. Ciò aumenta la complessità didattica delle classi ove la distribuzione degli alunni per classe/sezione è adeguato ( 20,71, fonte relazione al conto consuntivo 2016). Mentre il numero medio di studenti per insegnante rilevato ( 29,46) è di molto più alto rispetto ai benchmark territoriali. Ciò dipende dalla distribuzione delle cattedre di completamento nella scuola primaria e dalla distribuzione delle discipline nella scuola secondaria. Il rapporto docente- alunni non è adeguato visto l’altissimo numero di BES”.

Potevamo leggere già tra le righe di quanto riportato nella scheda della Deledda le difficoltà che insegnanti, operatori e dirigenti di quel plesso scolastico erano costretti ad affrontare quotidianamente con mezzi didattici ordinari in una situazione che ordinaria non era.

La chiusura della scuola, non si sa se temporanea o permanente, e il trasferimento degli alunni presso altra sede non è altro che l’epilogo di un fallimento totale del modello socio economico di Taranto.

Svantaggio culturale e inquinamento ambientale sono un mix esplosivo che va a colpire immediatamente l’anello più debole della nostra società e cioè i bambini e in particolare quelli del quartiere più condizionato dalla presenza industriale.

Lo studio coordinato dal prof. Roberto Lucchini dell’Università di Brescia, in collaborazione con ASL Taranto e ISS, aveva già messo bene in evidenza come in un campione di bambini di età compresa tra 6 e 12 anni provenienti da diversi quartieri della città, condizioni socio-economiche e vicinanza all’area industriale incidessero concretamente sul benessere fisico e mentale dei bambini.

Il prof. Lucchini certificava con la sua indagine scientifica (leggi qui) quel che probabilmente era già noto a insegnanti e dirigenti delle scuole dell’obbligo dei quartieri più economicamente svantaggiati e più inquinati di Taranto. Ecco quanto si legge nello studio coordinato da Lucchini:

“Lo studio ha permesso di rilevare una situazione di potenziale presenza di disturbi clinici e preclinici del neurosviluppo nell’area di Taranto, non riconosciuti e non adeguatamente sottoposti ad interventi preventivi, terapeutici e riabilitativi.

Il 15% di potenziali diagnosi cliniche osservato nel campione esaminato, basato per definizione su soggetti supposti sani, indica l’opportunità di ulteriori approfondimenti diagnostici ed epidemiologici. Si tratta comunque di un risultato in linea con i dai epidemiologici mondiali sulle patologie del neurosviluppo comprendenti autismo, ADHD, disturbi dell’apprendimento e del comportamento, che interessano il 10-15% delle nascite (Bloom e coll., 2010).

I disturbi osservati sono maggiormente evidenti nelle aree in prossimità delle emissioni industriali considerate ed in funzione inversa rispetto alla distanza dalle sorgenti, calcolata in riferimento ai camini di emissione dell’ILVA, nelle cui adiacenze insistono anche una raffineria ed un cementificio. I risultati delle prove neuropsicologiche risultano associati agli inquinanti metallici misurati con il biomonitoraggio, in special modo al piombo.

Il ruolo dell’esposizione ad agenti neurotossici risulta pertanto uno dei determinanti degli effetti osservati nell’area di Taranto, assieme allo stato socioeconomico. Data la natura trasversale delle osservazioni non è possibile attribuire un ruolo di causalità e considerando la non disponibilità di dati di monitoraggio ambientale non è possibile identificare con precisione le sorgenti di esposizione.

Questo primo studio ha prodotto pertanto importanti risultati iniziali e individuato talune limitazioni che potranno essere affrontate e risolte mediante ulteriori approfondimenti”.

Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione di estrema criticità che richiederebbe un impegno straordinario da parte delle istituzioni e in scolastiche e sanitarie. L’alta percentuale (15%) di soggetti considerati sani e che invece potrebbero rientrare in una ampia varietà di disturbi psico comportamentali ci porta ad interrogarci se lo Stato, tanto attento a garantire la continuità produttiva industriale, faccia davvero tutto il possibile per dare un’opportunità di recupero a questi bambini, figli di un modello sociale in sofferenza.

La chiusura di due scuole non è certo una situazione che favorisce interventi riabilitativi ottimali in un quartiere con le criticità evidenziate nello studio di Lucchini. I quartieri Tamburi e Paolo VI avrebbero bisogno di interventi straordinari mirati all’ottimizzazione dell’offerta didattica e del benessere psico-fisico dei bambini.

Scuole meglio attrezzate con più personale in grado di -intervenire sulle criticità legate alle difficoltà di apprendimento e ai disturbi comportamentali dovrebbero essere una priorità non eludibile. Più insegnanti di sostegno, più psicologi e più mezzi didattici dovevano essere garantiti all’indomani della pubblicazione del lavoro di Lucchini.

E invece, la realtà è fatta di scuole inadeguate, mancanza di centri di aggregazione, sofferenza economica delle famiglie, inquinamento ambientale. Tutti fattori che incidono concretamente sul sano sviluppo psico-fisico dei bambini che rischiano di accumulare già nei loro primi anni di vita un gap negativo che li condizionerà in peggio rispetto ad altri coetanei più fortunati.