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Malattie da amianto, Anmil: “A Taranto siamo in piena emergenza”

Non esiste soglia al di sotto della quale il rischio del tumore asbesto correlato sia del tutto assente. Basta una microfibra per essere a rischio e scatenare l’insorgenza di tumori ad eziologia da inalazione o da ingestione.

Le parole dell’oncologo e medico legale Alessandro Maggi irrompono nella sala del Convegno voluto dall’ANMIL insieme a INAIL, CSDN (Centro Studi Diritto del Lavoro “Domenico Napoletano”) e dalla Fondazione Scuola Forense di Taranto, e svoltosi ieri sera nel Castello Episcopio di Grottaglie.

In Italia l’amianto è ancora molto presente – ha detto – e considerato il lungo tempo di latenza delle patologie collegate a questo pericoloso materiale, possiamo considerare l’emergenza ancora crudelmente attuale.

Così attuale da rendere Taranto con il suo picco del + 8,1% una terra di frontiera da cui levare forte l’appello verso nuovi investimenti e nuova attenzione normativa.

Dal 2006 al 2018 – spiega Emidio Deandri, presidente dell’ANMIL di Taranto – solo all’interno del grande stabilimento siderurgico sono state bonificate tonnellate di amianto. Nelle cabine elettrice, nelle palazzine e nei pulpiti, nei caminetti , sui carroponti, nei quadri di potenza. E ci sono ancora 3600 tonnellate  di amianto censite e nel 97% dei casi in matrice friabile da smaltire negli altiforni. Quella platea di lavoratori però è costretto ancora a rincorrere una normativa inadeguata che lascia tutto in capo a quegli operai l’onere della prova di quell’esposizione.

Il siderurgico ma non solo. Nella tabella del rischio rimangono i lavoratori degli arsenali, dei cantieri navali, delle industrie tessile, dell’edilizia e una platea sempre più vasta di cittadini che entra in contatto con l’asbesto nascosto nelle abitazioni o  negli uffici pubblici.

Siamo nel pieno dell’emergenza – conferma Annamaria Stasi, dirigente dell’INAIL per il comparto delle malattie professionali – e probabilmente saremo costretti a registrare dati in aumento anche nei prossimi 30-40 anni, perché continua ad essere un piano di emersione del pericoloso materiale ancora poco incisivo e dettagliato.

Eppure il dato epidemiologico sembra chiaro, così come le numerose pubblicazioni scientifiche dimostrano.

Esiste una frontiera tutta da esplorare – conferma il sindaco di Grottaglie, Ciro D’Alò, in questi anni in prima fila anche per la lotta alla discarica di Torre Caprarica – l’amianto si inala, ma rischia di essere ingerito anche a causa di acqua di falda o alimenti contaminati. Su questo aspetto dovremmo fare fronte comune.

Mentre sembra tutto ancora poco proporzionato all’emergenza.

Anche la Legge di Bilancio del 2019 ha deluso – spiega Maria Luigia Tritto, consulente legale dell’ANMIL – con una visione ancora troppo restrittiva degli anni necessari per vedersi riconosciuto il diritto all’esposizione ad amianto.

Tempi che anche per Claudio Schiavone, del Centro Studi “Domenico Napoletano” di Taranto “tra riconoscimento, prescrizione e decadenza, penalizzano soprattutto le vittime di questa carneficina silente”.

Serve un intervento normativo forte – precisa Giovanni Battafarano, già consulente del Ministero del Lavoro con il ministro Cesare Damiano – per confezionare una legge che possa accelerare i tempi e abbassare i termini dell’esposizione. Un intervento che sia rigoroso e giusto.

E sui tempi e la ricerca poggia la piattaforma rivendicativa di ANMIL a livello nazionale.

Il Parlamento e il Governo devono dare risposte – afferma il presidente nazionale dell’Associazione, Franco Bettoni – con una riapertura dei termini per la presentazione delle domande volte a chiedere il riconoscimento dei benefici previdenziali non più esigibili dal 15 giugno del 2005; con una estensione dei benefici ai lavoratori che sono stati esposti all’amianto anche per periodi inferiori ai 10 anni; con l’estensione dei benefici anche al personale delle forze armate e del comparto sicurezza; l’adozione di un piano di investimenti e incentivi che finanzi ricerca ma anche emersione e bonifica.

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