La rinascita della canapa: un prodotto estremamente prezioso e versatile
Ce lo diceva da tempo il nostro amico Max Perrini: “Dovete venire assolutamente a visitare la fiera CanapaMundi a Roma” e aveva ragione. La canapa è un mondo tutto da scoprire che offre centinaia di possibilità di sviluppo e sfruttamento.
Lo sapevano bene gli agricoltori che la coltivavano in gran quantità fino ai primi decenni del secolo scorso. Ogni famiglia contadina, a marzo, la seminava e i primi d’agosto la raccoglieva, utilizzando le piante più robuste per ricavarne il seme e quelle più sottili per ricavarne fibre.
Queste ultime necessitavano, per poter essere estratte, di un processo di macerazione in acqua che durava oltre una settimana. Come spiegano i gemelli Bernardini, presenti a Canapamundi col loro ormai storico museo itinerante della canapa, le fibre venivano ricavate con la “mancinuratura”.
In pratica, la canapa macerata veniva posta tra due tronchi che, fatti faticosamente scivolare uno sull’altro, separavano il legno dalla fibra che veniva poi ulteriormente isolata dalle parti non utili grazie ad altri sistemi e strumenti manuali.
Le fibre migliori erano destinate alla filatura per lenzuola e capi più raffinati, mentre le fibre più scadenti divenivano sacchi e stoffe grezze. Filatura, orditura erano processi complessi e delicati, spesso svolti dalle donne a lume di candela o lampada ad olio, nelle lunghe serate in un tempo in cui il filo ricavato dalla canapa era cosa preziosa.
Questo veniva poi portato nelle tessitorie che provvedevano, dietro modesto compenso, a farne stoffe destinate ai diversi usi. A quel tempo, perfino giacche e pantaloni erano di canapa e, seppur un po’ ruvidi, duravano davvero tanto.
La tradizione della canapa morì abbastanza velocemente nel dopoguerra, quando cotone e lana cominciarono ad essere disponibili a prezzi più accessibili e quando altri tipi di colture divennero più redditizie.
Per diversi anni, dimenticando l’antica tradizione contadina legata allo sfruttamento di questa pianta, quando si diceva canapa si pensava marijuana, come se il destino di questa pianta fosse esclusivamente quello di produrre il tetraidrocannabinolo (THC) con i suoi effetti psicotropi nel caso di inalazione ad alte concentrazioni.
Da tempo in Italia si discute di una eventuale liberalizzazione della marijuana e diverse sono le opinioni a riguardo e non ci addentriamo in questo tipo di valutazione, ritenendo che sia materia che per essere affrontata richieda conoscenze che noi non abbiamo.
Certamente possiamo però dire che in Italia, su tante questioni che dovrebbero essere affrontate esclusivamente da un punto di vista scientifico, pesi un certo tipo di pregiudizio culturale non scevro da condizionamenti paternalistico-religiosi che non dovrebbero essere propri di uno Stato laico.
Nel frattempo, attesa da tanti produttori di canapa, è arrivata finalmente nel dicembre 2016, la Legge 242 che regolamenta (o almeno dovrebbe) i limiti massimi di THC che possono essere presenti nei derivati della canapa per uso alimentare.
Semi e farine non dovrebbero superare lo 0,2% di contenuto di THC, con una tolleranza massima allo 0,6% e l’olio (ottenuto da spremitura a freddo dei semi) non dovrebbe superare lo 0,5% di contenuto di THC.
La legge (e questo crea una gran confusione e incertezza nei consumatori, negli operatori del settore e addirittura negli addetti ai controlli) non fa alcun riferimento ad un eventuale uso ricreativo (fumo) delle infiorescenze della cannabis depotenziata che comunque non ha alcun effetto psicotropo, ma tuttalpiù rilassante.
Di fatto però, malgrado i limiti di una legge che andrebbe meglio normata con i decreti attuativi, sempre più operatori del settore credono nel futuro sviluppo del business legato alla coltivazione e all’utilizzo della canapa light che, oltre l’uso ricreativo, offre centinaia possibilità di impiego in ambito alimentare e curativo.
Canapamundi a Roma e iniziative simili riescono bene a dare l’idea di come la canapa sia un prodotto assolutamente versatile e prezioso e di cui si può sfruttare ogni parte. Pane, biscotti, tisane, profumi, materiale per l’edilizia, tessuti e tanto altro ancora da questa pianta che può essere utilizzata anche come disinquinante per terreni contaminati. Permetteteci di dire quindi: canapa, non solo fumo, ma anche tanto arrosto (e va bene anche per i vegetariani).