Ex Ilva, lo sfogo di un operaio: io, con moglie e 4 figli, costretto al licenziamento

L’Usb rende noti i contenuti della lettera scritta da un lavoratore ex Ilva che sarebbe “stato costretto a licenziarsi dopo aver subito le ingiustizie causate da una selezione aziendale che non rispetta gli accordi tra privato e sindacato“. Secondo l’Usb, questa sarebbe “la prova che la nostra denuncia  nei confronti di ArcelorMittal, in merito all’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, è giusta e sacrosanta, e attende giustizia nelle aule di un Tribunale. Il 19 febbraio prossimo presso il Tribunale di Taranto”.

“Mi chiamo Lorenzo S., nato a Taranto, dove vivo con mia moglie, insieme ai nostri quattro figli. Il mio percorso all’interno della fabbrica inizia con l’assunzione il 01 febbraio 2001 nel Reparto Cokeria presso le Batterie 3/6, 11/12 e successivamente sulle 7/10.

Nel 2011 sono stato trasferito nel Laboratorio Ghisa per essere impiegato lì per  due mesi a causa dei miei problemi fisici di cui non si conoscono ancora causa e natura. Successivamente sono stato trasferito nel reparto Laboratorio Campionamenti Minerale fino al 28 ottobre 2018 ovvero fino al passaggio da Ilva SpA in AS ad ArcelorMittal Italia la quale ha scelto di posizionarmi in CIGS, ovvero trattenendomi in Ilva SpA in AS.

Ora non so se la mia posizione in Ilva SpA in AS sia stata dettata da una scelta aziendale oppure in base ad una disputa tra Capo Area e Capo Reparto, i quali non gradivano la mia presenza sul luogo di lavoro e di conseguenza nella nuova azienda. Quello che mi preme sottolineare è che mi sono ritrovato senza lavoro ingiustamente con un “pesante ed impegnativo” carico familiare sulle spalle, con uno stipendio decurtato che non mi permette di sopperire alle esigenze della famiglia come si dovrebbe. Per tutto ciò ho preso la decisione più estrema, cioè il licenziamento volontario.

Dopo 18 anni di duro lavoro nel siderurgico tarantino, durante il quale ho sempre effettuato il mio dovere di “Lavoratore” rispettando sempre i colleghi ed i miei superiori, sono arrivato a questa scelta dettata dalla profonda delusione in quanto non sono stati applicati correttamente i criteri di scelta individuati nell’accordo del 06 settembre 2018. Prova ne è che diversi colleghi con meno carico familiare, con meno anzianità ed uguale livello, sono rientrati in fabbrica, al lavoro, pur avendo requisiti ed esigenze nettamente più basse delle mie.

In seguito ad una serie di lunghe telefonate effettuate ai capi e responsabili, questi mi confermavano come i criteri di scelta venissero applicati a discrezione dei capi superiori e che nei fatti l’accordo non è mai stato rispettato e, quindi, che non sarei rientrato a lavoro pur avendone diritto; per questo ho dovuto prendere la decisione più drastica per permettere a me e alla mia famiglia di sopravvivere per un po’ di tempo condividendo con loro la rassegnazione di come vane siano state le mie grida di disperazione per una ingiustizia clamorosa che io e la mia famiglia abbiamo subito”.