Ex Ilva, esposto sulle condizioni di rischio per i lavoratori dei reparti GRF/IRF
“Sono notevolmente a rischio, nonché pericolose, le condizioni di lavoro che devono vivere gli operai impiegati nelle zone GRF/IRF (Gestione e Impianto Rottami Ferrosi) dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto”. Denunciano la grave situazione il coordinatore provinciale dell’USB Francesco Rizzo unitamente alla RSU ed RLS ed insieme a Piero Vernile, RSU della UILM.
“Stiamo presentando un esposto alla Procura della Repubblica di Taranto – dichiara Rizzo – perché in queste condizioni la sicurezza degli operai in quei reparti è inesistente e per gli stessi motivi si sono già verificati incidenti a causa della notevole presenza di acqua lì dove vengono versate per terra le scorie liquide delle paiole. Succede, quindi, che si verificano vere e proprie esplosioni che coinvolgono gli operai, appunto, come è già successo nei mesi e negli anni scorsi”.
Cosa più grave è che in queste aree non esiste una pavimentazione e per gli stessi operai non esiste un percorso sicuro per raggiungere il posto di lavoro, né un punto di raccolta previsto in caso di emergenza, visto che questi sono costretti a camminare nel fango. Nell’area IRF non sarà mai realizzata la pavimentazione anche se ad integrazione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), atto amministrativo che poi viene concretizzato in legge dal DPCM di settembre 2017, l’USB chiese la realizzazione sia della pavimentazione che delle cappe di aspirazione; richiesta rinnovata anche dopo che il Ministro ci chiese di porre proposte allo stesso DPCM.
Per il reparto GRF, invece, al netto dei crono programmi e degli stati di avanzamento lavori, il termine ultimo per la realizzazione della pavimentazione è il 2023. Le stesse cappe mobili in discarica paiole presentano criticità, anche se realizzate da poco, proprio per la presenza dell’acqua sui binari adibiti al loro scorrimento. Di fatto, oggi, nessuna tempistica e nessun crono programma può assicurare l’incolumità degli operai che lavorano in queste aree. Queste fotografie sono abbastanza eloquenti.
Ricordiamo che proprio nei giorni di questa settimana, sia in acciaieria 1 che in acciaieria 2, si sono verificati casi di siviere bucate o rotte che hanno causato lo sversamento in reparto di acciaio fuso con conseguente rischio per gli operai presenti e non coinvolti solo per una casualità.
Riteniamo, inoltre, doveroso chiedere agli organi di controllo regionale e al Ministero dell’Ambiente quali siano le condizioni attuali delle matrici ambientali in queste aree. Vogliamo conoscere gli ultimi rilievi, o eventuali campagne di caratterizzazione, effettuati sui terreni e sulle acque di falda superficiale e profonda.
Sappiamo bene che gli attuali gestori dello stabilimento, in domanda di AIA, hanno chiesto ed ottenuto il nulla osta, poi concesso dal DPCM del 2017, ad operare per eseguire gli interventi AIA in aree interne al sito di interesse nazionale. In questo modo, oltre a violare il Testo Unico Ambientale, si aggira l’iter previsto dalla legislazione in vigore che prevede, in sede di Conferenza dei Servizi, l’approvazione di un piano di caratterizzazione e conseguente bonifica delle aree che devono essere interessate da eventuali lavori.
Per gli operai, oltre al rischio di esplosioni delle scorie liquide che vengono a contatto con l’acqua, incombe anche un eventuale rischio sanitario nel momento in cui queste aree dovessero risultare contaminate, oltre, sempre per lo stesso motivo, alla migrazione degli inquinanti in falda che da lì raggiungono il mare”.