“L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) perché è stato rilevato “che il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio” ed inoltre “le autorità nazionali non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti”.
Questa sentenza storica avvalora il senso della denuncia che abbiamo avviato pochi giorni fa. In quattro giorni abbiamo raccolto più di 1300 firme per la sottoscrizione dell’esposto “Col veleno nel sangue ed il cuore in mano” che denuncia le ripetute emissioni diffuse del siderurgico tarantino gestito da ArceloMittal. Questa sentenza storica va a sostegno delle decine di denunce deposidate dal 2013 ad oggi, cioè dalla fine delle indagini che poi hanno avviato il processo “Ambiente svenduto”.
La nostra denuncia, oggi, vuole dimostrare la conferma della prosecuzione del reato nella gestione ArcelorMittal così come avveniva negli anni in cui è stata gestita dalla famiglia Riva e sino a pochi mesi fa dalla gestione commissariale. Secondo la CEDU esposti e denunce depositati in questi anni presso le Autorità non hanno avuto esito efficace per via dell’effetto dell’immunità penale concessa ai commissari e ai gestori. L’esposto “Col veleno nel sangue ed il cuore in mano” è quindi sulla strada giusta e a confermarcelo è proprio la Corte Europea dei Diritti Umani”. Si legge in una nota stampa.