Riceviamo e pubblichiamo una nota della prof.ssa Lina Ambrogi Melle, già promotrice di un ricorso collettivo alla CEDU e di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sullla sentenza di Strasburgo che condanna l’Italia in merito al caso Ilva.
La Corte dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha oggi emesso la sentenza sul ricorso che numerosi cittadini di Taranto hanno fatto contro lo Stato italiano per denunciare la sua violazione degli obblighi di protezione della vita e della salute, per non avere predisposto un quadro normativo ed amministrativo “idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli sulla vita e sulla salute dei residenti derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva”; nonché, la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare per aver tenuto − grazie ai ripetuti decreti c.d. “salva Ilva” − “l’impianto in funzione sotto la propria gestione a dispetto della normativa europea e delle decisioni della magistratura” volte a sospendere l’attività del siderurgico e per aver “omesso di informare la popolazione locale dei rischi derivanti dall’esposizione prolungata agli agenti inquinanti emessi dall’Ilva”.
Il Governo italiano, consentendo all’Ilva di proseguire l’attività industriale, ha determinato la perdurante situazione di grave inquinamento delle aree limitrofe al siderurgico e subordinato la tutela della vita e della salute dei residenti ad asserite esigenze produttive.
La Corte dei Diritti dell’Uomo ha accertato tali violazioni ed ha sentenziato che lo Stato italiano ponga fine nel più breve tempo possibile. A tal fine ha demandato al Comitato dei Ministri europei il compito di vigilare perchè tale sentenza venga rispettata.
La sentenza positiva ottenuta è il massimo che la CEDU potesse esprimere nelle sue peculiarità, essendo un Organo internazionale ed è anche la più importante in quanto è una sentenza sovranazionale cui l’Italia dovrà necessariamente attenersi in base all’art. 117 della Convenzione.
Noi ricorrenti, abbiamo già presentato con lo Studio Saccucci di Roma che ci ha rappresentato a Strasburgo, un altro ricorso interno contro il DPCM di settembre 2017 con il quale il Governo ha autorizzato il siderurgico di Taranto a continuare la sua produzione anche se non ha ottemperato alle prescrizioni AIA entro i tempi prestabiliti.
Il nostro ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in cui abbiamo sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla vergognosa immunità penale ed amministrativa concessa ai gestori del siderurgico, si trova già davanti al Consiglio di Stato ed attendiamo la fissazione della data dell’audizione. Ebbene è proprio questa l’occasione per far valere questa importante sentenza della CEDU che accerta le violazioni dei diritti fondamentali alla vita ed alla salute di noi tarantini.
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