400mila tonnellate di CSS di alta qualità prodotte annualmente e avviate a recupero energetico in sostituzione dei combustibili tradizionali. 7 produttori, 8 aziende, 350 dipendenti, un fatturato da 150 milioni e un potenziale ancora tutto da sviluppare se si vuole davvero avviare la fase di transizione verso l’economia circolare, anche per le energie alternative.
In Italia, neanche il decreto “end of waste” relativo al CSS ha risolto i problemi dei cementifici perché nel nostro Paese manca ancora una cultura adeguata, una buona comunicazione e le infrastrutture necessarie a recuperare energia dalla frazione secca dei rifiuti, sottraendoli così alle discariche e al mercato dell’export. Per questo motivo Cisambiente, l a confederazione delle imprese di Confindustria che raggruppa tutte le aziende che si occupano di ambiente, ha avviato una fase di dialogo col MATTM per dire “Stop” all’import di carbone e all’export di rifiuti che per l’estero significano recupero energetico a basso impatto ambientale.
A ben guardare, Paesi come l’Austria o la Germania già nel 2015 sostituivano il 60% del combustibile fossile utilizzato nel ciclo di produzione del clinker con combustibile da rifiuto. Nello stesso anno, invece, l’Italia faceva registrare appena un 13%. Ad oggi, su 31 cementerie esistenti, solo 15 utilizzano CSS e in molti casi la loro capacità ricettiva è limitata al 30% del combustibile totale impiegato nel ciclo, ben al di sotto quindi delle reali potenzialità.E non va meglio per il CSS end of Waste, ovvero il CSS che in virtù delle sue caratteristiche chimico fisiche, può essere considerato un prodotto e non un rifiuto, secondo quanto sancito da un decreto firmato nel 2013 dall’allora ministro dell’ambiente Corrado Clini. Ad oggi sono non più di due gli impianti che lo utilizzano.
A rappresentare le federate di via Pasteur, il presidente AIREC (Associazione italiana del recupero energetico da Css), l’ingegner Pino Dalena.
“Abbiamo chiesto al ministero – spiega l’ingegnere – di aprire un tavolo di lavoro al quale possano sedere gli esperti del dicastero e i vertici Cisa che da anni si battono per un recupero energetico spinto dei rifiuti. Quello che occorre far capire – prosegue il numero uno di Airec – è che nonostante il decreto end of Waste ci sia, la norma non è ben strutturata e oggi l’Italia è ancora indietro rispetto al potenziale di recupero che vanta. Mancano infrastrutture, una buona informazione rispetto ai sistemi di recupero poco impattanti e c’è al contrario, ancora troppa demagogia. Speriamo – conclude – che con questo Ministero si possa avviare una fase di lavori che possano portare il mercato italiano a guadagnare un ruolo di prim’ordine nei processi di economia circolare che l’Europa ci chiede, anche per quel che concerne il CSS – C”.
Il Ministero di via Colombo ha mostrato apertura al dialogo, segno che anche per il mercato del Css nel nostro Paese potrebbe essersi aperta una nuova fase. Cisambiente si propone a capo della transizione per far divenire il CSS, combustibile solido sostenibile.
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