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Tra gli ultimi per qualità della vita: tra l’acciaio di Taranto e i pomodori di Capitanata c’è solo un punto di differenza

A chi non è mai capitato di incontrare dopo tanti anni un compagno di scuola? È un’esperienza che può essere piacevole ed è l’occasione per avere notizie di vecchi amici di cui si sono perse le tracce. Te lo ricordi Mario? Vive a Milano e gestisce un albergo. E Luca? Fa l’avvocato a Roma. Giovanna invece si laureò a Parma e rimase lì. Ma tutti fuori Taranto vivono?

Ho fatto un rapido calcolo: su trenta ex compagni di liceo, almeno la metà vive in un’altra città, quasi sempre del Nord. Ed io ho più di 50 anni. Per le nuove generazioni, la percentuale di abbandono di Taranto è ancora più alta. Basta pensarci un attimo per rendersi conto di quanti figli di conoscenti vivono lontano per studio e lavoro e tornano qui solo per le feste.

E non se ne parla proprio che tornino a risiedere nella città d’origine. Non ho mai creduto ciecamente alle classifiche sulla qualità di vita che ogni anno vengono puntualmente pubblicate da diversi giornali e che schematizzano i più vari aspetti (economici, ambientali, amministrativi) che caratterizzano la vita nelle città italiane.

Dire per esempio che Milano è la città a più alto reddito pro capite è come parlare del pollo di Trilussa. Ci saranno nella metropoli lombarda tantissimi ricconi che alzano la media, ma anche tantissimi cittadini che ce la fanno a stento a campare e che delle classifiche se ne fanno un baffo.

Ma comunque, per quanto discutibili, le classifiche sono senza dubbio indicative di come si viva nelle province italiane, confermando molto spesso sensazioni che chiunque viaggia può percepire direttamente. Come si può mettere in dubbio l’ottima qualità di vita a Bolzano, Aosta o Trieste? Città pulite, con ottimi trasporti, con alti tassi di occupazione, con tante iniziative culturali.

Il Sud, nella classifica del Sole 24 Ore, inizia dal 73esimo posto con Ragusa. Per trovare Taranto bisogna scendere in fondo al pozzo, fino al 105° posto, terz’ultima. Potevamo essere almeno ultimi! Così avrebbero parlato di noi giornali e televisioni, analizzando le cause del fallimento di una città che dura da anni.

Siamo ultimi per affari e lavoro, quintultimi per ricchezza, quartultimi per attività sportive. Siamo messi maluccio per Pil pro capite con circa 14.000 euro a testa (noi che siamo così importanti per il Pil nazionale!) e tra gli ultimi come differenza retributiva tra uomini e donne (queste ultime guadagnano mediamente il 33% in meno degli uomini a parità di impiego).

Consoliamoci con i prezzi degli affitti: da noi una casa costa circa 480 euro al mese contro i 1.700 di Milano. Per ambiente urbano, attività culturali, flusso migratorio e per la maggior parte dei parametri considerati dal Sole 24 ore navighiamo nella media della  maggior parte delle città del Sud.

Discreta la percentuale di laureati che supera (31 per mille) addirittura migliore di quella di Milano e di gran lunga sopra quella di Bolzano (11 per mille), a dimostrazione che la preparazione culturale e la formazione dei nostri giovani non è carente e che è davvero un peccato non sfruttare in loco le competenze che potrebbero dare un vantaggio allo sviluppo del nostro territorio.

Prospettive di miglioramento? Ci vorrebbe un serio progetto per Taranto che favorisse una svolta a una economia stagnante e alla perdita di fiducia per il futuro. Formazione, agevolazioni per la creazione di start up, facilitazioni economiche per le imprese dovrebbero essere obiettivi primari per la crescita.

Taranto purtroppo è appena peggio della media del Sud per qualità di vita. Taranto però serve all’economia nazionale più di qualunque città del Sud ma, a quanto pare, non ne riceve alcun vantaggio. Tra l’acciaio di Taranto e i pomodori di Capitanata c’è solo un punto di differenza.

http://lab24.ilsole24ore.com/qdv2018/indexT.html

Giuseppe Aralla

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Giuseppe Aralla

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