Ieri, come teste al processo “Ambiente svenduto”, è stato ascoltato Leo Corvace, storico esponente di Legambiente: l’associazione si è infatti costituita parte civile nel processo, assistita dagli avvocati Eligio Curci e Ludovica Coda.
Corvace ha illustrato l’attività di Legambiente in rapporto all’intera procedura di AIA, evidenziando le responsabilità dei governi dell’epoca per i forti ritardi con cui è stata rilasciata l’AIA all’Ilva e le blande prescrizioni in esse contenute. L’AIA è stata rilasciata nel luglio 2011 con circa tre anni di ritardo rispetto alla scadenza prevista ritardando quindi, le opere di risanamento ambientale dello stabilimento. Ritardi tanto più gravi considerando l’incremento della produzione, e dei conseguenti livelli di inquinamento, nel frattempo avvenuti con il trasferimento delle quote di produzione di acciaio da Genova a Taranto. Le prescrizioni dell’AIA 2011 erano inoltre peggiorative rispetto ai due testi precedentemente elaborati dalla commissione IPCC nel 2009 e 2010. Circostanza dovuta al cambiamento dei membri della stessa commissione IPCC operata dal ministro Prestigiacomo. Eloquenti i dati, nel merito, forniti nel corso della testimonianza: sui 152 camini dell'”area a caldo” (cokeria, agglomerato, altiforni, acciaieria ed in rapporto ai tre pareri 2009 – 2010- 2011) per cui era previsto il monitoraggio si sono avuti ben 60 innalzamenti del limite di rispetto del parametro polveri (pari a circa il 40 %); 19 innalzamenti su 47 camini per i quali era previsto il monitoraggio del NO2 (circa il 40 %); 24 innalzamenti su 49 camini per i quali era previsto il monitoraggio del SO2 (circa il 49 %), l’eliminazione del parametro CO (previsto in 5 casi).
Corvace ha inoltre testimoniato come il ministro Prestigiacomo abbia rilasciato l’AIA del 2011 con una discrepanza tra le prescrizioni previste dal piano ambientale e quelle del monitoraggio e controllo. Discrepanza che ha consentito all’Ilva di prevalere in sede di ricorso al TAR, vedendosi eliminare dalla stessa AIA prescrizioni importanti come l’installazione dei filtri per l’abbattimento dei fumi dei camini della cokeria o il monitoraggio delle diossine dai camini dell’agglomerato. Legambiente nella circostanza si è opposta in sede di TAR riuscendo almeno a salvaguardare alcune prescrizioni dell’AIA riguardanti il regime delle acque ed il riutilizzo dei reflui di Gennarini e Bellavista a scopi industriali in luogo delle acque del Sinni.
La testimonianza è quindi continuata – sotto il fuoco di fila dei difensori dell’azienda, intenti con continue eccezioni ed interruzioni a contrastare l’esposizione – illustrando le attività messe in atto da Legambiente per ottenere il riesame dell’AIA del 2011 e le proteste contro il dlgs 155/10 con cui il governo Berlusconi differiva l’obbligo di rispetto del valore obiettivo sul benzopirene al 2013 ( andava rispettato dal 1999). Un provvedimento grave considerando che le centraline dei Tamburi ne segnalavano lo sforamento dal 2008 e si ostacolava l’assunzione di misure di risanamento ambientale da parte di Regione ed enti locali nei confronti dell’Ilva responsabile, per l’Arpa, delle emissione del 98% di benzopirene con l’attività delle sue cokerie. Infine Corvace ha illustrato le osservazioni tecniche prodotte da Legambiente non solo nei confronti dell’AIA del 2011, ma anche del riesame della stessa AIA avvenuta nell’ottobre del 2012 dopo il sequestro degli impianti operato dalla procura nel luglio dello stesso anno.
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