Non solo Ilva: a Taranto nulla cambia sul fronte della salvaguardia ambientale

C’è qualcosa di sbagliato e perverso a Taranto che porta alla continua contrapposizione tra forze di governo locali e nazionali e i cittadini più attenti alla salvaguardia dell’ambiente. Il nostro territorio è sempre più un pezzo di Italia da sfruttare e strizzare come uno straccio di quelli usati per lavare i pavimenti e poi gettati quando sono troppo logori.

È strano davvero che, nella città in cui l’impatto della grande industria sulle nostre vite e sui luoghi in cui abitiamo è ormai da tanti anni argomento centrale di campagne elettorali e in cui la lotta all’inquinamento è stata ed è oggetto di inchieste della Magistratura, si continuino a mettere in atto politiche da terzo mondo, indirizzate esclusivamente alla creazione di profitto per chi investe, considerando nullo il costo ambientale.

Sembra quasi che Taranto viva in una bolla spazio-temporale resistente a qualunque ipotesi di cambiamento delle politiche economiche e produttive. È come se il benessere ambientale, la cura del paesaggio siano considerati dai decisori istituzionali con enorme fastidio, quasi un ostacolo inutile alla crescita economica.

La fragilità del nostro territorio da un punto di vista ambientale è cosa risaputa: quell’equilibrio a cui si dovrebbe tendere tra effetto antropico e capacità di recupero di Madre Natura (equilibrio indispensabile per la sopravvivenza del pianeta Terra) da noi è fortemente sbilanciato a favore del primo.

A Taranto avviene cioè un continuo prelievo di risorse ambientali (aria, acqua, suolo) e un continuo processo di trasformazione delle materie che restituiscono prodotti di scarto inquinanti che in una certa parte finiscono nell’ambiente, modificandone le caratteristiche chimico-fisiche.

I processi di trasformazione della materia avvengono, tra l’altro, non sempre sfruttando le migliori tecnologie ma, al contrario, come nel caso del siderurgico, utilizzando materie fossili particolarmente impattanti sull’equilibrio ambientale (carbone). L’ecosistema territoriale tarantino (inteso come ambiente urbano ed industriale inserito in un più ampio ambito naturale) è giunto ad una situazione di grave sofferenza.

L’ambiente a noi circostante ha subìto tali e tante trasformazioni da essere ormai completamente differente da quello in cui hanno vissuto centinaia di generazioni a noi precedenti. Pochissime aree della nostra provincia conservano il ricordo di ciò che furono. Nulla o poco più resta intorno alla città delle aree forestali che occupavano fino ad un secolo fa gran parte delle terre non coltivate.

Più lontano da Taranto, la situazione non è spesso migliore: le stesse gravine, che hanno una grande valenza da un punto di vista naturalistico e paesaggistico, presentano, soprattutto a causa dei numerosi incendi in gran parte dolosi, un impoverimento della fauna selvatica e una alterata composizione della flora rispetto a quella di decenni orsono.

Scomparsa quasi del tutto è poi la macchia mediterranea nelle aree litorali dove si è verificata, per chilometri di costa, una quasi sistematica distruzione delle dune sabbiose. Per fortuna, soprattutto nelle zone della provincia più distanti dal Capoluogo ionico, qualcosa ancora resta di ciò che fu l’ambiente naturale e il paesaggio che caratterizzava il nostro territorio.

Non certo migliore è la situazione di fiumi e mari. I primi sono ormai quasi sempre sfruttati per usi agricoli o per prelievi ad uso industriale, i secondi presentano nelle vicinanze della città notevoli criticità dovute all’inquinamento. Il sedimento di ampie aree costiere del Mar Grande più prossime a zone industriali, portuali e militari presentano inquinamento diffuso in particolare dovuto a metalli pesanti e diossine.

Stessa situazione si verifica nel primo seno del Mar Piccolo, mare talmente compromesso da essere, nelle sue acque, interdetto buona parte del ciclo biologico di produzione dei mitili. Tutta l’area industriale è inoltre fortemente inquinata nel suolo e nella falda superficiale e profonda.

L’inclusione di Taranto tra le aree SIN che necessitano di bonifica è la conferma della situazione di emergenza ambientale che investe il nostro territorio. L’inquinamento industriale non è il solo problema ambientale. L’abusivismo edilizio, frutto di decenni di lassismo amministrativo e incapacità di tutela del paesaggio, ha contribuito ad alterare oltre ogni limite di decenza le aree più preziose e belle delle nostre coste e dell’entroterra.

Lungaggini della giustizia e ripetuti condoni edilizi hanno favorito una cementificazione senza regole, tanto diffusa da non ritenersi più ormai, nella comune percezione, neanche un illecito particolarmente grave. Ebbene, una tale situazione di emergenza ambientale avrebbe dovuto indurre, chi amministra il territorio, a mettere in atto politiche capaci di invertire il processo di danno causato dall’uomo.

Le politiche economiche e industriali messe in atto negli ultimi anni a Taranto sembrano invece andare proprio nel senso opposto, verso cioè un sempre maggiore sfruttamento del territorio, a scapito dell’ambiente.

La decisione di portare a Taranto il petrolio di Tempa rossa, la disattesa chiusura delle fonti inquinanti (con riferimento ad Ilva) da parte di questo governo, la presenza di numerose discariche nella nostra provincia che accolgono anche rifiuti provenienti da altre regioni, la continua tendenza ad aumentare il numero di inceneritori a Taranto e nei comuni del circondario, sono gli esempi più impattanti di un’ulteriore pressione antropica sul territorio.

A questi potremmo aggiungere tantissimi altri esempi di minor rilevanza, quali autorizzazioni forse un pochino troppo generose per lo sfruttamento di tratti di costa, progettazione di strade provinciali forse non proprio indispensabili, cattiva gestione di impianti di depurazione e trattamento acque, e così via.

E le bonifiche? Non ci sembra procedano così come dovrebbero, considerando la vastità delle aree interessate dall’inquinamento.

I cittadini di Taranto , riguardo a ciò, meriterebbero di sapere esattamente due cose: 1) l’effettivo livello di inquinamento del territorio urbano e circostante alla città (caratterizzazioni e analisi delle acque di falda dovrebbero essere rese pubbliche con maggiore trasparenza ); 2) la verità sulla effettiva possibilità di successo delle bonifiche stesse, considerando il livello di inquinamento attuale e la mancata chiusura delle fonti inquinanti.

In definitiva, nulla sembra davvero cambiare a Taranto per quanto riguarda la salvaguardia ambientale, anzi, addirittura, negli ultimi anni aumenta sempre di più la pressione antropica in un territorio già in profonda sofferenza.