Riaprire i termini per la presentazione delle domande volte al riconoscimento dei benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti alla pericolosa fibra di amianto. E’ quanto da tempo chiede l’ANML, l’Associazione Nazionale Mutilati e invalidi da Lavoro e che nei giorni scorsi si è tramutata in una risoluzione presentata alla Camera in Commissione Lavoro.
La proposta voluta da Debora Serracchiani del PD, ma promossa anche da altre forze politiche all’interno della Commissione (Maria Pallini per il M5S, Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia, Elena Murelli della Lega e Renata Polverini per Forza Italia), oggi è al vaglio della stessa Commissione che nei prossimi giorni rappresentati dell’Inail e dell’Inps per individuare con esattezza tutti i soggetti interessati ed i potenziali costi associati alla riapertura dei termini cederà all’audizione dei rappresentanti di INAIL e INPS.
Si tratta di riconoscere un diritto per una platea di lavoratori rimasti esclusi dalla chiusura dei termini per la presentazione della domanda, ovvero il 15 giugno 2005 – dice Emidio Deandri, presidente dell’ANMIL di Taranto che proprio nelle prossime settimane si appresta a celebrare la 68^ edizione della Giornata Nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro.
Il 14 ottobre torneremo a parlare di chi vive con la spada di Damocle dell’insicurezza e dell’insalubrità di certi luoghi di lavoro – afferma ancora il presidente dell’ANMIL di Taranto – ed è inevitabile per noi rivolgere lo sguardo allo stabilimento ILVA di Taranto, dove continuano a esserci ancora migliaia di lavoratori esposti a sostanze cancerogene come l’asbesto.
Riaprire i termini del 2005 e allargare la platea dei lavoratori che rientrano nella normativa a salvaguardia per le patologie asbesto-correlate, è una battaglia di civiltà che dovrebbe riguardare tutte le forze politiche a cui come presidente di ANMIL mi appello sin da ora – sottolinea Deandri – Queste misure oggi consentirebbero ai lavoratori ILVA esposti a tale fibra, non solo di vedersi riconosciuto un diritto, ma anche di evitare esposizioni ulteriori, consentendo a quelli che hanno già maturato il diritto alla pensione, di lasciare quella fabbrica per sempre. Parliamo di esuberi, ma lì ci sono almeno alcune centinaia di persone che il diritto di andare via l’hanno conquistato stando su quegli impianti e sulla loro pelle.
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