Tragedia del rimorchiatore Sperone: un fiore per i marinai che persero la vita
Oggi è il 75° Anniversario di una tragedia che pochi ricordano: l’affondamento del rimorchiatore Sperone. Ce ne parla Marcello De Giorgi (amministratore della pagina Facebook “Se ti piace Taranto”) che lancia un accorato invito ai cittadini: “A chi può e a chi vuole chiedo di andare a gettare un fiore in Mar Piccolo e di riservare un pensiero per questi Marinai, dimenticati dalla Marina Militare di Taranto”. Di seguito la sua testimonianza.
Taranto, 22 settembre 1943
Mio padre durante la seconda guerra mondiale era lì, giovanissimo marinaio arrivato da Pola.
Un pomeriggio mentre stava finendo la misera cena, il rimorchiatore che portava a Taranto i marinai in libera uscita, fischiò tre volte la sua partenza.
Allora lui saltò dal tavolo rinunciando a finire quel poco che c’era, portando con sè un pezzo pane, (all’epoca mangiare era una cosa difficile se non rara).
Arrivato alla banchina vide il rimorchiatore con tutti i suoi amici e colleghi marinai che lo salutavano perchè a causa della sua perenne fame (figlio di un preposto alle tenute di campagna di un signorotto di Lecce, il cibo era sempre e comunque un lusso) aveva perso la libera uscita e per tre giorni non ce ne sarebbe stata un’altra per lui.
Giratosi su sè stesso, iniziò a mangiare con rabbia quel pezzo di pane che gli aveva fatto perdere la libertà.
Non arrivò al terzo boccone che sentì una fortissima esplosione: una mina scaricata nottetempo da una motozzattera nazista lasciata partire dal porto di Taranto aveva affondato il rimorchiatore e tutti i suoi marinai, giovani di 18 20 anni e tanti altri.
I pochissimi più fortunati rimasero mutilati per tutta la vita, quasi tutti non arrivarono mai più a Taranto dalle loro famiglie e dalle loro fidanzate e mogli.
Lui lo “sfortunato” vivrà fino a 84 anni, di cui 49 passati nella Marina Militare sempre in divisa, sempre perfetta e ordinata e pulita.
Mai, dico mai ha gettato una briciola di pane, una volta lo vidi piangere per un pezzo di pane nelle immondizie, non lo capii.
Oggi lo capisco, il pane che spezzo ogni giorno non è mio, la vita che vivo ogni giorno non è mia.
Spesso il mio pensiero torna a quel racconto, di fame e speranza, morte e vita, giustizia e iniquità, perchè lui no e gli altri sì, è dura sopravvivere agli altri.
Chi vive e chi no, a chi togliere per dare e a chi dare per poi togliere? I disegni del futuro degli uomini sono imperscrutabili oggi come ieri.
Anche oggi chiedo a chiunque di voi a Taranto di gettare un fiore per quei marinai, un fiore di campo, un fiore in quel mare per me, saprò ricompensare chi lo farà.