Legambiente ritiene insufficienti le integrazioni al piano ambientale Ilva e chiede al Ministro dell’Ambiente che si proceda alla valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario connesso ad una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido: non c’è nulla che impedisca al Ministro di effettuarla e solo i suoi esiti potranno fornire risposte scientificamente attendibili in merito alle ricadute dell’impianto sulla salute dei cittadini di Taranto.
Lo chiediamo dopo aver esaminato il testo diffuso dagli organi di informazione dell’addendum ambientale, di cui peraltro a tutt’oggi, nonostante il tempo trascorso, non ci risulta sia ancora disponibile la versione integrale, comprensiva degli allegati, con buona pace delle esigenze di trasparenza e informazione.
Quanto previsto dall’addendum ambientale, al capitolo 4, non dà infatti garanzie dell’effettiva assenza di rischi per la salute, specie per gli abitanti del quartiere Tamburi, il più prossimo agli impianti. La novità dell’addendum è infatti rappresentata dal mero obbligo, per Mittal, di presentare al Ministero dell’Ambiente, completati gli interventi previsti dall’allegato I al DPCM del 29.9.17, “idonea documentazione che certifichi che l’aumento della produzione garantirà che le emissioni convogliate di polveri rimarranno entro i limiti annuali post adeguamento in flusso di massa autorizzati“: un obbligo che non costituisce alcun impegno a ridurre le emissioni inquinanti autorizzate dal Piano Ambientale.
Ad esso si aggiunge l’’impegno a “confrontare il flusso di massa annuale autorizzato … ed applicabile al 31 agosto 2018 delle emissioni convogliate di polveri degli impianti oggi in esercizio, con il flusso di massa delle emissioni convogliate di polveri previste esercendo gli impianti ambientalizzati in coerenza con il DPCM del 29 settembre 2017, fino a 8 milioni di tonnellate”. Solo un confronto, quindi: non è previsto che in caso di superamento delle attuali emissioni (peraltro relative ad impianti ancora da assoggettare agli interventi previsti dal Piano Ambientale) non venga rilasciata l’autorizzazione a superare il limite alla produzione di 6 milioni di tonnellate annue, né c’é alcun riferimento alle emissioni diffuse e fuggitive, che pure hanno un peso rilevante nell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico.
Chiediamo perciò che la valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario venga effettuata entro il termine massimo dell’apertura delle procedure autorizzative previste per la riaccensione di AFO 5, l’impianto che consentirebbe ad ILVA una produzione di 8 milioni di tonnellate rivenienti dal solo ciclo integrale.
Non si può chiedere a nessuno di attendere in silenzio che, a posteriori, venga confermato quello che già oggi sappiamo circa i rischi per la salute che permarrebbero a fronte di una produzione superiore ai 6 milioni di tonnellate annue di acciaio ottenuta dal ciclo integrale. Lo sappiamo perché ce lo dice la Valutazione del Danno Sanitario effettuata da Arpa ed Ares Puglia e dalla ASL di Taranto -prendendo a riferimento lo scenario produttivo ad A.I.A. del 2012 completamente attuata- che nessuno ha mai confutato e rispetto alla quale continuano a non essere fornite indicazioni concrete e inconfutabili su come quei rischi possano essere scongiurati. A tutti, e alla famiglia Mittal in particolare, ricordiamo che l’immunità penale concessa è strettamente correlata alle “condotte poste in essere” in attuazione del piano ambientale e, quindi, non è eterna.
I miglioramenti apportati dall’addendum al contratto, costituiti essenzialmente da un anticipo nei tempi di realizzazione delle coperture dei parchi minerale e fossile, e della pavimentazione dei parchi AGL e loppa, che valutiamo positivamente, confermano la giustezza delle Osservazioni da noi presentate a suo tempo: se oggi è possibile, per Mittal, assumere l’impegno di completare entro la fine del 2019 la copertura di tutto il materiale presente nel parco minerale, con ben 19 mesi di anticipo rispetto al termine di scadenza originariamente previsto, è evidente che avevamo pienamente ragione a sostenere che le scadenze indicate nel Piano Ambientale Ilva erano ingiustificate da un punto di vista tecnico ed andavano ad esclusivo vantaggio dell’acquirente: si fossero imposte allora scadenze più ravvicinate, oggi, probabilmente, sarebbe stato possibile ottenere altri miglioramenti in termini di salvaguardia dell’ambiente e della salute, ad esempio attraverso un anticipo dei tempi previsti per gli interventi sulle cokerie che, invece, rileviamo con preoccupazione non subiscono alcuna variazione, né comprendono alcun ammodernamento tecnologico.
Se gli impegni assunti verranno rispettati (quando si parla di Ilva, dopo una miriade di decreti e di prescrizioni disattese, il dubbio è sempre lecito e, d’altro canto, l’addendum prevede sanzioni esclusivamente di carattere pecuniario) finalmente –almeno- cesseranno le tempeste di polveri provenienti dai parchi minerali che hanno investito le abitazioni dei cittadini del quartiere Tamburi: ne siamo contenti e iscriveremo questo risultato, quando sarà raggiunto, tra i frutti della battaglia condotta in questi anni. Per conseguirlo, e per ottenere che quanto di positivo è previsto dal piano ambientale e dall’addendum sia effettivamente realizzato, è indispensabile che ci siano controlli rigorosi e stringenti, uniti alla massima trasparenza e ad una puntuale informazione dei cittadini: noi crediamo che, in questo senso, occorra andare oltre quanto previsto dall’AIA e dal Piano ambientale.
All’ARPA chiediamo che siano espletati nei tempi strettamente necessari i concorsi per l’assunzione di tutto il personale previsto per il dipartimento di Taranto: una battaglia, anche questa, che ci ha visto in prima fila e che deve finalmente portare l’agenzia a disporre in tempi brevi di tutte le professionalità e le risorse necessarie per poter effettuare i controlli e i monitoraggi previsti.
A Comune e Regione chiediamo che venga rapidamente istituito e messo a disposizione di tutti i cittadini un portale in cui vengano indicati, prescrizione per prescrizione, in maniera chiara e di facile lettura, gli interventi previsti, le scadenze (correlate da avvisi che ne segnalino l’approssimarsi), le date delle visite ispettive previste, i risultati e le eventuali prescrizioni collegate alle ispezioni, in poche parole tutto quanto è utile per monitorare in ogni momento il rispetto degli impegni assunti.
Al Ministro dell’Ambiente chiediamo di esaminare con estrema attenzione la documentazione tecnica attinente le modifiche proposte da Mittal rispetto ai filtri dell’impianto di sinterizzazione e di renderla disponibile alla consultazione dei cittadini. Di essa nell’addendum non c’è traccia e non risultano quindi valutabili, al di là di quanto affermato dall’azienda, gli effettivi apporti in termini di maggior abbattimento delle emissioni inquinanti rispetto ai filtri a manica.
La genericità di una serie di impegni e – quindi – la loro dubbia esigibilità se non per autonoma decisione della famiglia Mittal, pone da subito l’esigenza che la comunità jonica si attrezzi in modo che non si ripeta la tragica esperienza che ha connotato il rapporto di Taranto con la famiglia Riva. Al di là della diversità di opinioni sono infatti perseguibili obiettivi comuni, sia rispetto allo stabilimento siderurgico che al rapporto con il Governo nazionale, a partire dal puntuale rispetto di quanto prescritto dal Piano ambientale Ilva e dall’effettivo dispiegarsi delle bonifiche previste, su cui manca qualsiasi informazione da parte dei Commissari straordinari.
A Comune, Provincia e Regione chiediamo innanzitutto che facciano propria la richiesta che rivolgiamo al Governo in generale ed al Ministro Costa in particolare di procedere per Ilva alla Valutazione Preventiva dell’Impatto Ambientale e Sanitario.
Rispetto agli impegni per Taranto, che ovviamente non possono essere sostitutivi nè diventare merce di scambio, ma devono costituire riconoscimento e risarcimento del danno subito e contributo concreto alla diversificazione produttiva dell’area jonica, riteniamo che – nell’immediato, a partire dalla prossima legge di Bilancio – vadano ampliate le risorse messe a disposizione del Contratto Istituzionale di Sviluppo con particolare riferimento alla bonifica territoriale, a partire da quella del Mar Piccolo, e al restauro della Città Vecchia di Taranto, che sull’esempio di quanto fatto a Matera con il recupero dei Sassi, può essere uno dei motori di un diverso sviluppo. Chiediamo inoltre che siano previsti meccanismi di risarcimento del danno materiale patito dai cittadini dei Tamburi in conseguenza dell’attacco delle polveri provenienti dallo stabilimento siderurgico, sia per i danni subiti dalle loro abitazioni che per il loro minor valore di mercato, ed introdotte norme a tutela delle vittime dell’inquinamento che – allo stato – non hanno di fatto alcuna possibilità di conseguire un effettivo risarcimento.
Ci sembra matura e ampiamente condivisa la necessità di aprire una nuova pagina dello sviluppo di questa città, non più basato solo sull’acciaio , ma su altre, diverse, attività economiche e rilevante il ruolo che le parti sociali, gli Enti locali, il Governo e il Parlamento possono avere per renderlo possibile ed avviare così, effettivamente, quella riconversione produttiva che, per essere un obiettivo concreto e non solo un’aspirazione, ha bisogno di risorse, progetti, attori qualificati.
L’impegno per coniugare davvero ambiente e salute può, a nostro avviso, ripartire da qui, nella consapevolezza che ci sarà da lottare ancora per rendere davvero la presenza dello stabilimento siderurgico pienamente compatibile con il diritto alla salute di chi ci lavora e dei cittadini di Taranto. (Nota stampa)
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