Ilva, trattativa in notturna ma i nodi restano al pettine
Piena occupazione nel 2023 mantenendo però invariato il costo del personale riducendo orario di lavoro e salario individuale; doppio regime salariale per i neo assunti e i vecchi lavoratori; incentivazione all’esodo versato dallo Stato (250 milioni) a chi decidesse di lasciare.
Queste le prime notizie che filtrano dal tavolo del MiSE dedicato alla questione Ilva. È solo una bozza presentata da Mittal che, come in ogni trattativa che si rispetti, parte da una proposta che verrà poi migliorata.
Alla fine però, probabilmente, l’accordo tra Mittal, governo e sindacati sarà migliorata giusto di quel tanto necessario a dare un senso ad una trattativa che altrimenti si sarebbe potuta non fare. La minaccia di Di Maio di dichiarare illegittima l’assegnazione di Ilva agli indiani non sembra aver spaventato i futuri proprietari dell’acciaieria tarantina che sembrano avere il coltello dalla parte del manico nella trattativa in corso.
Tra sostegno alle uscite volontarie, indennità varie di disoccupazione ed altre misure di welfare il costo dell’intera operazione di passaggio di Ilva al privato non sarà certo poca cosa per le casse pubbliche. A questo dobbiamo aggiungere tutto ciò che lo Stato ha già versato in questi anni nelle casse sempre in rosso dell’acciaieria gestite dai Commissari straordinari subentrati all’era dei Riva.
Decine di milioni sono finite negli altiforni per mantenere in piedi una azienda che senza l’aiuto pubblico avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. Liberarsi di Ilva a tutti i costi era stata la politica del precedente governo che aveva cercato in tutti i modi un accordo con Mittal senza scombussolare troppo i piani industriali ed ambientali proposti dagli indiani.
Calenda era pronto già a concludere il passaggio al privato e ci consentirete di malignare che il governo attuale avrebbe forse volentieri fatto a meno di gestire la patata bollente della trattativa ancora oggi in corso.
Ambiente, salute, occupazione, bonifiche: sono tutte problematiche con cui il governo dovrà fare i conti. Dubitiamo infatti che il problema Ilva possa risolversi con l’accordo che verrà firmato nelle prossime ore.
Nuovi dati sanitari, difesa dei diritti lavorativi e salariali, condizioni di disagio in ambiente di lavoro, inquinamento ambientale, immunità penale nel periodo di transizione che porterà alla piena applicazione del piano ambientale: tutti questi problemi sono vere e proprie bombe ad orologeria che creeranno tensioni a livello locale e nazionale nei prossimi mesi e che richiederanno comunque l’intervento del governo che non potrà certo tirarsi fuori dalle questioni man mano che si presenteranno.
Il passaggio di Ilva a Mittal vedrà in calce all’accordo la firma di Di Maio che in questo modo sarà il diretto responsabile dell’operazione. Se fino ad ora, nell’immaginario collettivo locale e nazionale, erano il PD e Calenda i responsabili di tutti i guai legati ad Ilva, adesso lo sponsor della rinascita dell’acciaieria è il M5S che avrebbe potuto cambiare il futuro di Taranto con un piano di riconversione economica ma che evidentemente non ha voluto perseguire per incapacità o motivi di opportunità. L’estate sta finendo e si preannuncia un autunno abbastanza caldo a Taranto e forse anche un inverno, una primavera e chissà quante altre stagioni roventi.