Il PD è il partito dei decreti salva Ilva; Forza Italia, Lega e le altre forze di destra difendono gli interessi dei tanti imprenditori che vivono dell’acciaio di Taranto; le sinistre più radicali vivono di pane e lotta operaia; i Verdi in Parlamento non ci vanno da tanto ormai; i Cinque Stelle… mmm, che fanno?
Promettono in campagna elettorale di chiudere le fonti inquinanti, dicono che il contratto con Mittal ha serie criticità, ricevono una cinquantina di delegazioni di cittadini incazzati, ma di fatto che fanno? Più o meno quello che avevano fatto governi precedenti: confermano la legittimità del passaggio a Mittal di Ilva pur criticandolo, non entrano nel merito di trasformazione dei processi produttivi (decarbonizzazione), auspicano una riduzione del numero di esuberi (ma sbolognando la questione ai sindacati), chiedono una accelerata nella realizzazione del piano ambientale (vedremo nei prossimi giorni i dettagli).
Insomma, quella frase – CONCILIARE LAVORO E SALUTE – tanto ripetuta negli ultimi anni e tanto intrisa di ipocrisia da far sorridere chi conosce la realtà industriale di Taranto, torna di moda e diventa lo slogan di chi è al governo. Qualcuno ha sentito parlare i decisori istituzionali dei dati del Registro Tumori e dell’incidenza di malattie cardio-respiratorie e di mortalità oltre le aspettative a Taranto? Oppure qualcuno ha affrontato nei dettagli il problema delle bonifiche di suolo, falda e mare che non possono essere portate a termine se non si fermano le fonti inquinanti?
Qualcuno parla di wind days, di divieto di maneggiare la terra nel quartiere Tamburi, di divieto di coltivare mitili nel Mar Piccolo, di pascolare le greggi a ridosso dell’area industriale, delle limitazioni alle coltivazioni agricole in un’ampia fascia confinante con Ilva?
Qualcuno ha assicurato che tutti questi problemi verranno risolti con l’attuazione del piano industriale ed ambientale di Mittal? E ancora: qualcuno del governo ha analizzato nei dettagli la realtà economica di Taranto, le sue potenzialità inespresse, la disoccupazione giovanile tra le più alte del Mezzogiorno, la chiusura di tante attività commerciali? Sono proprio certi i decisori istituzionali che lasciare aperta Ilva sia la cosa migliore per Taranto?
Ci si rende conto di come la nostra economia sia drogata e talmente dipendente dall’acciaieria da non riuscire a svilupparsi in altri settori? L’impressione è che, come al solito, stiano prevalendo logiche a difesa delle solite lobbies economiche che da decenni hanno fatto di Taranto l’agnello sacrificale in nome di scelte produttive irrinunciabili.
Quella trasformazione che è, per esempio, riuscita in una città come Torino perché non si può tentare a Taranto? Ancora, per quanto tempo dovremo subire il ricatto occupazionale perpetratoci come se Ilva fosse l’unica possibilità che abbiamo per non morire di fame? Ma chi difenderà davvero Taranto dalla presenza esagerata della grande industria? Petrolio, gas, acciaio sono davvero la nostra condanna perpetua?
Tanti tarantini lottano ormai da diversi anni per la tutela ambientale e sanitaria e per la chiusura delle fonti inquinanti e questo ha certamente determinato alle scorse elezioni politiche un voto quasi plebiscitario a favore di chi aveva inserito questo obiettivo nel proprio programma elettorale. A Taranto ambiente e salute contano molto più di lotta all’immigrazione, considerando che siamo sempre stati città accogliente e solidale. Taranto non si farà distrarre nel valutare l’operato di chi governa e decide per noi.
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