Ilva, appello dei Genitori Tarantini al Ministro della Salute Giulia Grillo
Il comitato dei “Genitori Tarantini” scrive al Ministro della Salute, Giulia Grillo. Di seguito il testo.
Non esiste democrazia, senza la giustizia. Senza giustizia, neppure la libertà è garantita. Da questo punto di vista, la Costituzione italiana, il sacro libro che regola la nostra Repubblica, è quanto di più illuminante possa esistere. Diritti e doveri in perfetto equilibrio, come sui due piatti di quella bilancia che, tenuta da una donna bendata, è divenuta l’immagine stessa della giustizia.
A Taranto, come lei ben sa, ormai da decenni di questo equilibrio si sono perdute le tracce, in spregio alla Costituzione stessa, calpestata, ferita e vilipesa da chi era chiamato a difenderla. Ora, tocca anche a lei difenderla, rispettarla e farla rispettare.
Chi intende lavorare è giusto possa avvalersi del diritto al lavoro, ma è altrettanto giusto pretendere che possa svolgere le proprie mansioni in sicurezza ed in ambiente lavorativo salubre. Giusto è dichiarare “libera” l’iniziativa economica privata, ma è altrettanto giusto pretendere che questa non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La Costituzione, poi, assegna allo Stato una serie di doveri ai quali deve attenersi. Pari dignità sociale, rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che possano limitare di fatto la libertà e l’uguaglianza e quindi impedire il pieno sviluppo della persona umana. In più, prevede che sia compito dello Stato tutelare il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico della nazione, l’ambiente e la salute.
Ci preme sottolineare che i Padri costituenti hanno utilizzato il verbo “tutelare” proprio per non offrire il fianco ad interpretazioni più o meno fantasiose. In italiano, “tutelare” significa “difendere, proteggere”. Per fare un esempio molto caro a noi tarantini, lo Stato deve mettere in campo tutti i mezzi atti a proteggere la salute dei cittadini e solo dopo aver adempiuto a questo obbligo fornire i mezzi necessari per curare eventuali malattie.
Tutto questo e molto altro viene continuamente disatteso, ignorato, nel nostro territorio. Un’insana gara ha visto i governi degli ultimi anni affannarsi per inventarsi decreti legge su decreti legge pur di ottenere un unico obiettivo: tenere viva una produzione considerata “strategica” in una fabbrica ormai morta; dare ossigeno ad un cadavere, togliendolo ai vivi, fino ad annullare le libertà fondamentali e i diritti inalienabili dei cittadini per favorire un’attività ad altissimo ed insopportabile tasso di inquinamento letale. A tale scopo, la prevista immunità penale per i commissari governativi, estesa anche al prossimo acquirente privato, suona come la campana a morto per la Costituzione italiana.
Come in una vittoria di Pirro, la produzione “strategica” di acciaio procura danni all’ambiente e alle persone, con costi talmente alti da considerarli un deficit incolmabile sia a livello di giustizia, democrazia e libertà, sia per quanto riguarda quel P.I.L. tanto decantato quanto falso, prodotto da fonti altamente inquinanti.
Quanto costa un chilo di acciaio prodotto a Taranto, al netto delle spese vive? Quanto costa in vite umane? Quanto in malattie e spese sanitarie? Quanto in tumori in ogni parte del corpo, senza distinzione di sesso e età? Quanto in gravi patologie cardiovascolari? Quanto in quelle respiratorie? Quanto in viaggi della speranza, quasi sempre diventata disperazione? Quanto in casi di depressione? Quanto in casi di infertilità maschile e femminile?
Quanto in bambini nati già malati, nati morti o mai nati? Quanto in offese alle tombe dei nostri morti, deturpate dall’infinita impronta del rosso-ruggine maledetto? Quanto in diritti negati, soprattutto ai bambini? Quanto in territorio offeso? Quanto in giovani che partono per colpa di un’industria che crea disoccupazione? Quanto in agricoltura e allevamento negati? Quanto in mare violentato? Quanto in inquinamento che toglie il respiro? Quanto in futuro negato ad un’intera provincia di questa nazione? Quanto in sfregi alla bellezza e alla Storia? Quanto costa in tradimenti della Costituzione della Repubblica italiana?
Alla luce di queste considerazioni, dopo aver risposto a queste domande, bisognerebbe ricalcolare il P.I.L. prodotto ed immaginare quello che si potrebbe ottenere dalla chiusura immediata delle fonti inquinanti. Cercare di produrre ricchezza avvelenando ambiente e persone non fa di questa nazione quello che l’articolo 1 della Costituzione italiana recita.
Le irreali giornate di vento da Nord-Ovest, dette “wind days”, costringono i cittadini di interi quartieri ad attenersi a prescrizioni e consigli che limitano le libertà individuali al solo scopo di non chiedere ai responsabili della produzione “strategica” di attenersi scrupolosamente alle leggi. Tenere le finestre chiuse, consigliare ad alcune categorie di persone di non uscire di casa, neppure per recarsi a scuola, deviare il traffico veicolare, far viaggiare solo autobus elettrici sono solo alcuni di questi consigli e prescrizioni.
Perché il minerale di ferro che viene sollevato dal vento si vede. Diossine ed altri inquinanti sono invisibili, seppure molto più devastanti. E questi ultimi non hanno bisogno di vento per uccidere; uccidono indipendentemente dalle condizioni meteorologiche.
Il piombo nel sangue dei bambini, gli inquietanti e sospetti disturbi del neurosviluppo nei bambini che vivono nei quartieri a ridosso della zona industriale, e il naftalene nelle urine delle donne di Taranto sono solo alcuni esempi che dovrebbero fare agire il Governo italiano, del quale lei è parte attiva, senza perdite di tempo.
Taranto è terra di bellezza sublime; il Mar Piccolo, culla delle cozze più buone al mondo, è circondato dall’abbraccio di 28 chilometri di costa, attualmente impossibili da far fruttare per la presenza dell’Arsenale militare e dell’Ilva; l’immenso porto, vero biglietto da visita di una città di mare, è stato regalato quasi per intero all’industria; l’aeroporto di Grottaglie, con la pista più lunga dell’intero Mezzogiorno d’Italia, sembra un giocattolo per il sollazzo di militari e uomini delle Istituzioni.
Un pezzo alla volta, Taranto viene svuotata, ferita, usata come una prostituta che neppure viene pagata. Uno alla volta, i nostri giovani vengono costretti a partire per altri lidi, lasciando qui una popolazione sempre più vecchia e malata.
Questo è solo parte di quello che sta succedendo da decenni; eppure, basterebbe una sola considerazione, un unico spot che illumina una realtà insopportabile: i genitori che piangono i figli che non ci sono più, da quelli appena nati a quelli un po’ più grandi, in un massacro che è, alla fine, la più grande offesa che un popolo possa fare a se stesso. Ogni maledetto giorno porta lutti insopportabili ai tarantini; ogni giorno di maledetta produzione avvelena i nostri cari. I nostri referenti non sono i tecnici dell’acciaieria, ma i medici e i pediatri.
E proprio accompagnati da una delegazione di medici, vorremmo incontrarLa con urgenza, sollecitandoLe una risposta in tempi brevi.
Quindi, quello che pretendiamo è solo quello che gli antichi latini predicavano: “Fiat iustitia ruat caelum”. Sia fatta Giustizia anche se i cieli cadono. La stessa Giustizia che aleggia in ogni articolo della nostra Costituzione, perché, come dicevano i pitagorici della Magna Grecia, con in testa Archita di Taranto, “ciò che è giusto è la vera uguaglianza” e non “ciò che è uguale è la vera giustizia”.