Un giorno di ordinaria follia a Taranto: quando la burocrazia fa impazzire
TARANTO – Piccole storie degne del film “Un giorno di ordinaria follia” con Michael Douglas o della autobiografia “Storie di ordinaria follia” di Charles Bukowski quelle che, talvolta, avvengono ai danni dei cittadini.
Ne racconto due che mi sono capitate personalmente e che prendo ad esempio per parlare di come sempre più spesso i nostri diritti vengano calpestati da chi dovrebbe, invece, lavorare per rendere più facile la vita di noi utenti e risolvere i problemi di tutti i giorni.
Siamo ormai abituati a scontrarci quotidianamente con la Pubblica Amministrazione, spesso distante dalle esigenze dei cittadini, oppure con il Servizio Sanitario che rende difficile l’accesso alle prestazioni e ai farmaci, con le banche che ci spremono in cambio di servizi inadeguati, con gli operatori telefonici che cambiano piani tariffari a nostra insaputa, con le assicurazioni che aumentano le tariffe, con i Comuni che fanno solo cassa con gli autovelox trappola e con mille altri soggetti che approfittano del proprio ruolo dominante rispetto ai cittadini indifesi.
La gente appare spesso rassegnata a subire ingiustizie e inefficienze da parte di istituzioni pubbliche e operatori privati e in tanti neanche più protestano, rassegnati alla condizione di sudditi piuttosto che di cittadini. Far valere i propri diritti costa fatica e, in qualche caso, denaro ed allora molti tollerano le ingiustizie subite o si arrangiano rivolgendosi al solito “amico” per ricevere un favore.
CASO N. 1: SIAMO AL SERVIZIO DEI CITTADINI
Si sa, le carte d’identità, i passaporti, le patenti scadono sempre d’estate quando sono indispensabili per viaggiare e allora quasi sempre entra in gioco la Pubblica Amministrazione cinica e inefficiente che, complice la scarsità di personale decimato dalle sacrosante ferie, impone tempi assurdi per i rinnovi dei documenti e così i poveri cittadini rischiano di dover rinunciare al tanto desiderato viaggio già pagato dopo aver fatto sacrifici tutto l’anno.
Ecco, dunque, cosa può avvenire in un ufficio comunale di Taranto.
Mi reco presso un ufficio circoscrizionale con foto tessera che mostra il mio bel faccione sorridente e carta d’identità scaduta da rinnovare. Sono le ore 10,30 di un caldissimo lunedì che dà il via alle mie ferie e fiducioso mi rivolgo all’impiegato dello sportello che, senza neanche alzarsi dalla sua postazione in fondo alla stanza, mi grida che devo rivolgermi all’ufficio del primo piano.
Bene, senza scoraggiarmi faccio le scale e una signora mi chiede se ho il numero.
“Che numero, signora?” , faccio io. “Ah, non è venuto alle 7,00 stamattina a prenderlo?”, mi fa lei. “No,signora, a quell’ora in genere esco quando lavoro, oggi sono in ferie…”, rispondo. L’impiegata mi guarda un po’ stupita e mi dice di attendere fino a quando avrà terminato con una signora che aveva fatto la prenotazione online.
“Bene – penso – mi sbrigherò presto!”. Ma ecco che arriva un’altra persona che, pur dicendomi di non aver prenotato online, sfruttando probabilmente l’evidente amicizia con l’impiegata, viene subito invitata a scavalcarmi con un “Vieni, vieni, tu hai la prenotazione…”.
“Vabbè – mi dico – poco male, cinque minuti in più posso aspettare”. Ecco, finalmente tocca a me, siamo ancora in orario di ufficio e non c’è nessuno prima di me. Entro e (mannaggia alla mia lingua!) dico : “Scusi, sa che c’ero prima io del signore?”.
L’impiegata, probabilmente molto permalosa e sensibile, comincia allora ad esercitare tutto il suo potere di pubblico impiegato indignata da una seppur minima protesta del cittadino. “Io già le sto facendo un favore, come osa protestare? Lei non ha il numero (sembra davvero importante questo numero!) e non ha prenotato online (primo posto disponibile dopo il 18 agosto)”.
Provo a sfoggiare il miglior sorriso che però non deve fare grande effetto sulla tizia che continua ad infervorarsi.
“Scusi, signora, ma non c’è più nessuno e siamo in orario di ufficio…, perché dovrei venire alle 7.00 di mattina a prendere il numero?”, le dico- “Io faccio solo 15 carte di identità al giorno”, dice lei. “Oggi ne farà 16, signora, mi spiace”, le rispondo. “Come osa? Io chiamo la Polizia, il Sindaco e non le faccio proprio nulla!”, dice sempre più rossa in volto.
“Senta, signora, lei può chiamare anche l’esercito. Io sono qui in orario d’ufficio e lei mi fa la carta d’identità, altrimenti sono io che chiamo immediatamente i Carabinieri”, le rispondo leggermente alterato.
La signora intanto chiama il suo collega (quello che non si alzava) che cerca di farmi capire, pure lui, che dovevo aver prenotato o aver preso il numero per accedere al servizio. Cerco di spiegargli che la prenotazione online è un servizio per facilitare la vita ai cittadini e non per complicarla e che comunque, in orario di ufficio, dovevano obbligatoriamente espletare la mia richiesta. Sempre più rossa in volto e alterata, tra una imprecazione e una vampata di calore, la signora procede con il rinnovo della carta di identità.
“Ecco, firmi qui!”. Tempo effettivo impiegato per il rinnovo carta d’identità, 3 minuti, al netto delle imprecazioni dell’impiegata.
Esco e due signore si congratulano con me. Una mi dice che sono tre giorni che torna cercando di ricevere assistenza e un’altra è preoccupata per i tempi della prenotazione online, non potendo venire alle 7 a ritirare il numero.
CASO N. 2: IL CLIENTE PRIMA DI TUTTO
Chissà perché il bancomat della mia banca non funziona quasi mai quando mi serve prelevare denaro. Devo rivolgermi ad altra banca. Pazienza, 1,80 euro di commissione regalati. Mi servono 150 euro. Procedo quindi all’operazione. Scegli importo… ecco, carta restituita… Aspetto… aspetto… niente.
Dopo un po’ la scritta OPERAZIONE CONCLUSA mi insospettisce.
“Boh, saranno finiti i soldi”, mi dico e riprovo una seconda volta. Adesso tutto va bene e mi ritrovo con i miei 150 euro. Passa qualche giorno e chissà perché mi viene l’idea di controllare il mio estratto conto. Due prelievi da 150 euro a distanza di cinque minuti. Qualcosa evidentemente non torna. Mi hanno addebitato pure il prelievo non andato a buon fine.
Speranzoso di una rapida soluzione mi rivolgo alla banca dal cui bancomat avevo fallito il prelievo. Dopo l’attesa di prassi riesco a parlare col vice del vice del vice direttore che con tanto di sorriso mi spiega che la sua banca non può dialogare con me direttamente, non essendo io un loro cliente. Tutte le comunicazioni devono necessariamente avvenire tramite banche.
Mi comunica però in maniera puramente confidenziale che in effetti risulta un eccedenza di cassa di 150 euro esattamente riferibile alla data e all’ora da me indicata. Vado allora alla mia banca. Stessa attesa e via ad una serie di procedure burocratiche: fotocopia tessera bancomat, carta d’identità, denuncia dell’accaduto, mail all’altra banca con cui è impossibile riuscire a stabilire un contatto telefonico.
Sono costretto diverse volte a fare il piccione viaggiatore tra una banca e l’altra.
Insomma, per una questione apparentemente risolvibile in cinque minuti, una serie di procedure e complicazioni esagerate. A rimetterci sono io, cioè il cliente. A distanza di due mesi e mezzo ancora non riesco ad ottenere il bonifico dei 150 euro impropriamente addebitati sul mio conto. Sono due esempi che mi riguardano personalmente, ma sono certo che tutti avrebbero da raccontare qualche caso di prepotenza subita da parte della Pubblica Amministrazione o di qualche privato. In Italia si dovrebbe forse iniziare da queste piccole cose il cambiamento.