Ieri mattina i volontari di Legambiente, a distanza di un mese dalla denuncia dell’associazione sul degrado in cui versano le sponde del Mar Piccolo e sul tappeto di plastica che ne ricopre tanta parte, sono tornati a una delle spiaggette con cui termina Parco Cimino. Come testimoniano le foto (scaricabili dagli allegati), la scena che si è presentata ai loro occhi era semplicemente da incubo: l’arenile era coperto di plastica di ogni tipo e forma: reti da pesca, bicchieri, bottiglie, contenitori per detersivi, cassette, ma soprattutto una miriade di pezzi più o meno grandi di oggetti ormai irriconoscibili.
Una situazione drammatica: nonostante gli appelli e le denunce, le coste del mar Piccolo, l’area delle sorgenti del Galeso e quella della sua foce restano ricettacolo di pericolose discariche a cielo aperto.
“I rifiuti, per la maggior parte plastica, che finiscono nel mare e sulle spiagge costituiscono una emergenza ambientale ben nota” dichiara Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto “Se non si interverrà in maniera decisa, secondo le più recenti proiezioni scientifiche, nel 2050 in mare si saranno più rifiuti di plastica che pesci. E il Mediterraneo è una delle aree più colpite al mondo: ogni giorno finiscono in mare 731 tonnellate di rifiuti.
Una particolare attenzione meritano poi le microplastiche, cioè i piccoli frammenti derivati dalla lenta degradazione di oggetti più grandi, che si disperdono nel mare e scambiati per cibo possono essere ingeriti dai pesci che verranno poi consumati sulle nostre tavole. Sono un inquinante responsabile della morte di un numero crescente di animali marini e oggetto di studi per determinarne la pericolosità per la salute delle persone”
La maggior parte dei rifiuti marini infatti (circa il 95%) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo: la concentrazione dei rifiuti in alcune aree è comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico.
Questo è dovuto principalmente alla sua struttura: essendo esso un bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico, accumula al suo interno un enorme quantitativo di rifiuti galleggianti e non. Tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale.
I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono infatti l’aggrovigliamento (intrappolamento) – a livello globale, diversi studi indicano che le principali vittime di aggrovigliamento sono gli uccelli marini (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (circa 13%)e infine rettili (5%) – e l’ingestione. Quest’ultima è stata rilevata in diversi organismi. A livello globale il 40% delle specie di uccelli marini ingerisce rifiuti di plastica, il 100% delle specie di tartarughe e il 50% di mammiferi.
Oggi i volontari di Legambiente hanno voluto dare un segnale concreto per affermare che è possibile intervenire e, dopo alcune ore di lavoro, hanno ripulito dalla plastica una spiaggetta di Parco Cimino. Anche in questo caso sono le foto (scaricabii dagli allegati) di un habitat finalmente sgombro dai rifiuti a mostrare il risultato del lavoro svolto. E i grandi sacchi di immondizia pieni di plastica di ogni tipo, che i volontari hanno portato fuori dal Parco e segnalato all’AMIU affinché provveda allo smaltimento, danno la dimensione del “bottino” raccolto.
In tre ore di lavoro sono stati riportati alla normalità circa 50 metri di spiaggia e raccolti 25 grandi sacchi di rifiuti, a dimostrazione che intervenire non solo è possibile, ma non richiede, in questo come in molti altri casi, chissà quali capacità o attrezzature.
“Con le nostre iniziative vogliamo tenere alta l’attenzione e promuovere comportamenti civili e responsabili di cittadini, pescatori e mitilicultori ” conclude la presidente di Legambiente Taranto “Spiagge pulite ci ha permesso negli anni di raccogliere migliaia di rifiuti abbandonati, ma non solo. Con metodo scientifico abbiamo studiato e catalogato in tutta Italia i rifiuti spiaggiati grazie all’indagine sul marine litter che da alcuni anni portiamo avanti e che abbiamo presentato anche alla conferenza mondiale Onu sugli oceani svoltasi l’anno scorso a New York.
È urgente mettere in atto azioni concrete puntando, sempre di più, su politiche di prevenzione e sensibilizzazione, su una corretta gestione dei rifiuti e coinvolgendo cittadini e giovani generazioni.
L’impegno delle associazioni e dei cittadini più sensibili non può però sostituire l’azione delle istituzioni cui torniamo a rivolgere ancora una volta l’invito pressante a fare la propria parte”.
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