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Ilva, l’incertezza sulla vicenda continua ad essere uno spietato nemico (per tutti)

Trattative con i sindacati, ricorso al TAR, piano di governo: il futuro di Ilva è quello di una nave in tempesta col timone bloccato. Non sappiamo cosa potrà accadere, troppe variabili giocano su questa azienda. Il rischio è che la nave Ilva si sfasci sugli scogli senza un piano di salvataggio per i passeggeri.

Troppi segreti, troppe trattative nascoste e  scarsa chiarezza nei programmi di chi ha gestito le trattative di vendita di Ilva fino ad ora e una visione ancora incerta per il futuro dell’azienda da parte di chi governerà il Paese. Ilva non è solo il nome di un’azienda (che non serve a nulla cambiare, come invece dice il sindaco Melucci) e il progetto di eventuale chiusura deve contemplare interventi che vadano ben oltre la salvaguardia del reddito dei lavoratori e il tentativo di bonifica delle aree che verrebbero dismesse.

Ilva è un sistema città che necessita di un piano condiviso da tutti i soggetti che influiscono su di esso per modificarlo. Senza il coinvolgimento di tutti i protagonisti dell’economia cittadina il piano non potrebbe avere successo. Fino ad ora il sistema produttivo di Ilva è stato puntellato e messo in sicurezza in tutti i modi possibili.

Lo Stato, subentrato al privato senza però modificare l’etica del business, ha tenuto in vita l’azienda e quanto ruotava intorno ad essa in modo artificioso, spesso superando addirittura la prassi istituzionale.

Decreti che impedivano l’effetto di provvedimenti giudiziari; scadenze per l’adeguamento degli impianti alle norme anti inquinamento che venivano prorogate di anno in anno; autorizzazioni a produrre rilasciate malgrado esistessero evidenti e ben noti problemi di inadeguatezza degli impianti alle norme di sicurezza; interventi diretti dello Stato di rifinanziamento delle casse altrimenti vuote: in questi ultimi anni abbiamo visto di tutto e di più.

Tutto questo molto probabilmente finirà e allora bisogna decidere cosa fare. Ilva chiuderà? Oppure si procederà ad un programma di spegnimento graduale degli altiforni? O vi sarà la decarbonizzazione già proposta da Emiliano? Qualunque sarà il percorso che partirà, la scelta su quale strada intraprendere deve arrivare immediatamente.

Troppe cose vi sono in ballo che dipendono dalle scelte politiche su Ilva che il prossimo governo dovrà prendere. Prima di tutto il passaggio dell’industria siderurgica a Mittal. È evidente che nessun privato accetterebbe di subentrare in una azienda dal futuro incerto.

Investimenti di miliardi non si fanno senza avere un piano industriale di medio – lungo periodo. Non è quindi escluso che nei prossimi giorni assisteremo al blocco delle trattative, con Mittal che vorrà chiarezza sulle future scelte della politica. Altra questione riguarda il progetto di copertura dei parchi minerali. Presentato con grande enfasi, posata la prima pietra, non sembra abbia fatto grandi progressi nella realizzazione effettiva.

Che fare adesso? Bloccarlo se si dovesse andare verso la decarbonizzazione o verso la chiusura dell’area a caldo? E se questi processi dovessero durare anni? Che fare nel frattempo? Continuare a spargere polvere minerale sulla città? E le bonifiche? Ha senso impegnare centinaia di milioni senza fermare le fonti inquinanti? Conviene attendere?

Tutte domande alle quali è obbligatorio dare immediate risposte, evitando incertezze e titubanze da parte di chi ci governerà. La città aspetta chiarezza. Nervosismo, incertezza, esasperazione, paura sono gli stati d’animo di chi vive con attenzione la questione Ilva sia come operaio che come cittadino. Le stesse tensioni che nei giorni scorsi vi sono state tra sindaco e cittadini che protestavano sono frutto di questo clima di incertezza che bisogna al più presto risolvere per evitare di tenere Taranto ancora senza un preciso programma per il futuro, qualunque esso sia.

Giuseppe Aralla

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Giuseppe Aralla

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