Non ci sarà nessuna trattativa sulla bozza di accordo presentato dal governo per la cessione dell’Ilva ad Am InvestCo. Il ministro dello sviluppo Economico, Carlo Calenda, infatti, davanti a un fronte sindacale spaccato, e ai dubbi sulla legittimità dell’operato di un esecutivo dimissionario da parte di alcune organizzazioni, ha ritenuto “che non ci fossero le condizioni per andare avanti”, interrompendo di fatto la trattativa. E’ questa la conclusione secondo la ricostruzione dei sindacati del confronto di oggi al Mise che aveva come obiettivo la ripartenza del confronto tra Mittal e Fim, Fiom, Uilm, Ugl e Usb. Lo riporta l’agenzia Adnkronos.
“I sindacati hanno deciso di non aderire alle linee guida dell’accordo proposto. Il governo ritiene di aver messo in campo ogni possibile azione e strumento per salvaguardare l’occupazione, gli investimenti ambientali e produttivi anche attraverso un enorme ammontare di risorse pubbliche” ha dichiarato Calenda, ricordando come fino ad oggi il governo abbia finanziato l’Ilva in amministrazione straordinaria con circa 900 milioni di euro e come l’offerta di Mittal preveda investimenti per 2,4 miliardi a cui si aggiungono 1,8 miliardi di prezzo “che servono anche a rimborsare lo Stato e l’indotto”. A questo punto, dunque, ha aggiunto Calenda, “il dossier passa al nuovo governo”.
Il leader della Uilm, Rocco Palombella – secondo quanto riporta Askanews – si è detto disponibile a proseguire il negoziato nonostante la bocciatura alla proposta di accordo messa sul tavolo dal governo: “Siamo contrari al prendere o lasciare, siamo contrari al diktat ma abbiamo ribadito la nostra disponibilità a negoziare senza vincoli”. Per questo “ci affidiamo alla responsabilità del governo in carica per proseguire il negoziato. Se Calenda vuole convocarci – ha concluso – noi siamo disponibili, altrimenti parleremo con il nuovo governo ma nel frattempo non staremo con le mani in mano”.
Il numero uno della Fim, Marco Bentivogli, ha poi spiegato gli attimi di tensione che si sono verificati al tavolo: “Una parte della delegazione sindacale ha ritenuto non legittimato a trattare il ministro” che “si è alzato dal tavolo” convinto della non possibilità di andare avanti con il negoziato. “Se fossi stato il ministro – ha detto Bentivogli – sarei rimasto al tavolo e non sarei caduto nella trappola”. Anche perché “in questo momento l’azienda ha le mani libere”.
Secondo quanto riferito dai sindacati, a puntare il dito contro il ministro sarebbe stata in particolare la delegazione dell’Usb. Infine, il segretario generale della Fiom, Francesca Re David, ha spiegato il no alla bozza di accordo: “Non c’è nessun cambiamento da parte di Mittal, la trattativa è sempre stata bloccata e a me non interessa da chi è formato il governo ma solo se ci sono le condizioni per firmare l’accordo”. Re David ha ricordato che comunque Mittal “non ha bisogno dell’accordo sindacale per acquistare l’azienda”.
LE PAROLE DI MELUCCI PRIMA DELLO STOP ALLA TRATTATIVA
“Siamo in dirittura di arrivo con un protocollo di intesa tra parti istituzionali e private, che recepisce molteplici istanze della comunità ionica. Confermo che l’intesa prevederà, all’atto della sua stipula formale, il ritiro del ricorso al Tar del Comune di Taranto”. Aveva affermato questa mattina il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci entrando al Mise, prima dello stop alla trattativa.
“È stato ristabilito il nostro ruolo in seno alla trattativa, sono stati resi disponibili i documenti necessari alle nostre valutazioni, siamo riusciti a migliorare tempi e condizioni di molte misure ambientali. C’è ancora molto da fare, naturalmente. Entro poche settimane – aveva detto Melucci – partirà la pulizia su larga scala del quartiere Tamburi in conseguenza del fenomeno dei wind days, il 16 di questo mese tenteremo una mediazione a salvaguardia dell’indotto locale, aspettiamo con fiducia che venga su la prima campata della copertura dei parchi minerali, stiamo premendo l’azienda per l’accelerazione di interventi relativi ad alcune importanti servitù e concessioni cittadine. Ringraziamo anche Mittal perché in un momento così difficile non ha chiuso la porta allo studio di tecnologie low carbon, così pure il Governo per il rafforzamento della sorveglianza e delle risorse inerenti il rischio sanitario. Non è ancora il mondo perfetto, ma il clima è del tutto cambiato. Speriamo modifichino anche il nome allo stabilimento, abbiamo bisogno di voltare pagina persino psicologicamente”.
Ma il clima, alla luce della rottura della trattativa, è sicuramente cambiato in peggio.
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