TARANTO – C’è stato un tempo in cui i sogni avevano contorni più nitidi. Erano gli anni in cui lavoravo per la redazione del TarantOggi, tra il 2004 e il 2009. Appena arrivata pensai a quanto fossi fortunata a scrivere di ambiente per un quotidiano libero. Pagine e pagine di articoli dedicati ad Ilva, Eni, Tempa Rossa, Cementir, senza mai avvertire una pressione o un condizionamento, in una stagione in cui la voce dei colossi industriali era amplificata e quella delle vittime spesso ignorata dalla maggior parte dei media.
Essere giornalisti appassionati di ecologia era un compito impegnativo ed allo stesso stesso tempo esaltante. A volte si pativa il senso di solitudine, l’amarezza per lo scherno subito da chi faceva informazione in una zona di “comfort”. Tutto questo, però, veniva compensato dall’incoraggiamento dei lettori, dal calore della gente che incontravo durante le marce di “AltaMarea”, quando il popolo “green” tarantino sapeva sfilare compatto, senza il contagio dell’individualismo e della frammentazione masochista subentrato in seguito.
L’esperienza di InchiostroVerde.it, nata da una mia intuizione nel 2011, si inseriva nel solco di quel passato professionale. Serviva a dare il mio contributo ad una informazione dalla parte della salute e dell’ambiente, in una realtà che spesso si beveva qualsiasi notizia diffusa dalla comunicazione Ilva ed Eni. Di una cosa ero certa: Taranto non poteva rassegnarsi allo stillicidio di vite umane causato dall’inquinamento.
Gli anni delle grandi manifestazioni ambientaliste facevano intravedere un risveglio delle coscienze che avrebbe condotto, un giorno, alla realizzazione di un piano “B” seriamente realizzabile. Oggi, quei tempi sembrano distanti anni luce. Neanche l’azione della magistratura (che ha toccato l’apice nel 2012) è servita a invertire la rotta. Assisto impotente al perpetuarsi di vecchie dinamiche: il confuso coagularsi e disgregarsi di sigle, comitati, associazioni; il vano tentativo di recuperare un senso di comunità.
Taranto è una città spenta che si alimenta di qualche timida intermittenza. Quando si è trattato di scegliere un nuovo sindaco, gli elettori hanno preferito la continuità con il passato. Così, mentre altre città pugliesi riescono a vivere di “alti” e “bassi”, Taranto sembra inchiodata a sfumature di “bassi”.
La politica appare confusa e priva di slanci. La vendita dell’Ilva è un affare in divenire che appassiona poco e pochi. Coloro che alle ultime politiche hanno votato per il cambiamento (dagli ambientalisti agli operai) probabilmente non hanno immaginato lo stesso genere di cambiamento. Nel frattempo, il piano “B” per favorire uno sviluppo economico alternativo e sostenibile resta un sogno da cullare.
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