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Ikkos. L’uomo di Taranto, l’atleta della leggenda

<<L’amore è la forza che dà senso ai nostri giorni e li rende ricchi, perché i giorni hanno bisogno di testimoni per essere ricordati, gioiti, distinti, odiati, amati, beffati e pianti. E la persona amata è sempre il testimone della nostra esistenza>>.

In una storia che narra di un atleta invincibile, dal corpo perfetto, dai primati sportivi irraggiungibili, ecco che l’amore, prepotente, irradia ogni riga del romanzo di Lorenzo Laporta. L’amore per la propria terra, per la famiglia, per le ricchezze del mare, per gli amici, per la propria donna. L’amore è il vero protagonista di “Ikkos – L’atleta di Taranto”, libro edito da Mandese e firmato da uno scrittore capace di afferrare il lettore e trascinarlo nel mondo antico, all’epoca in cui Taranto risuonava attraverso note dolci e amare il suo titolo di “centro della Magna Grecia”.

Le descrizioni minuziose, il ritmo della scrittura, l’immediatezza del testo aiutano a catapultarsi indietro di quattrocento anni prima della nascita di Cristo. Il viaggio nel tempo è una costante del libro, si parte subito con un flashback lungo secoli, per poi continuare ad essere presi per mano da Ikkos e accompagnati in giro per la città in cui <<si apprezza il dolce tocco dei raggi del sole>> e si percepisce <<il senso unico della libertà che risale dalla scogliera>>, fino a raggiungere <<il proprio respiro sotto forma di brezza marina, ancora umida e incredibilmente profumata>>.

Chi legge il libro è come se indossasse un visore della realtà virtuale e ha la sensazione straordinariamente concreta di osservare il ginnasio dove Ikkos forgia i muscoli e l’abilità sportiva, di passare per la chiassosa Apella dove i politici si accapigliano con la scusa di discutere delle sorti della città, perché <<in una polis come Taranto, chi comanda esige rispetto>>, fino ad arrivare alla polverosa plateia, la principale strada tarantina che porta al <<litorale interno, come un verde abbraccio che si distende sulle acque azzurrine>>.

Nelle pagine si vive accanto all’atleta, si cresce con lui. E la corazza marmorea del suo corpo non riesce a mascherare tutta la fragilità e la delicatezza che l’uomo custodisce e che a volta trattiene a fatica.

Ikkos è il frutto dell’educazione di un padre, Nicolaide, fermo e deciso, ma che cadrà nell’imperfezione della tentazione umana, di una madre, Adamantina, costretta nel gineceo ma in realtà padrona del focolare, e dei maestri Antimo e Anoco che con i loro massacranti allenamenti aiuteranno a scolpire l’atleta perfetto.

Anche se Ikkos non rappresenta l’eroe invincibile, perché anch’egli viene catturato e fatto preda dell’amore che lo porterà ad incontrare la risoluta ed ammaliante sacerdotessa Ethra e la dolce e fragile schiava Galatea. Un campione capace di comprendere che <<il vero nemico abita proprio dentro il suo corpo>>, per questo Ikkos è soprattutto il racconto di un uomo sì ricoperto dagli allori olimpici, come nessuno aveva fatto prima, ma che cerca di combattere e convivere con tutte le imperfezioni e le paure che ogni uomo porta con sé.

E di peccati umani si parla abbondantemente nel libro. A cominciare dalla piaga, attualissima, della “raccomandazione”, dell’invidia, dell’odio verso chi raggiunge il prestigio, del destino che dopo la gloria può far precipitare <<nei tranelli del suolo>>.

Stilisticamente la ricostruzione di Lorenzo Laporta è talmente ricca di dettagli, anche impercettibili, che trasformano il libro in una proiezione cinematografica. Sullo sfondo del paesaggio dall’odore salmastro, si può sentire il sapore dei frutti di mare accompagnati dall’alfita e il profumo delle carni cotte con verdure che l’atleta divora con gusto.

Le gare di Olimpia sono raccontate con uno stile talmente aderente alla realtà che il lettore è accanto ad Ikkos, si affatica con lui, suda con lui, sente la contrazione dei muscoli e il battito del suo cuore che accelera il ritmo all’impazzata.

Chi legge il libro viene coinvolto al punto che inizia a tifare per l’atleta, lo incita anche quando i giudici di gara, corrotti, cercano di ostacolarlo. E alla fine si esulta con lui, si è felici per lui. Si gioisce per un uomo semplicemente straordinario, vissuto realmente nel 480 a.C. ma che nel libro, così come premette lo stesso autore, viene raccontato con <<l’azzardo fantastico del narratore>>. Un lavoro, quello di Lorenzo Laporta, che aiuta a promuovere la lettura perché <<finché ci sarà l’antica voglia di raccontare, un uomo starà correndo più veloce della morte e dalle sue falcate, come un fuoco, nascerà la leggenda>>.

Fabrizio Cafaro

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