TARANTO – Per mesi, siamo stati inondati da sondaggi di ogni provenienza che vedevano i collegi elettorali del Sud Italia in bilico tra Centro-Destra e M5S. La maggior parte degli istituti dava per scontato un predominio della coalizione guidata da Berlusconi, Salvini e Meloni. D’altronde, l’attuale legge elettorale non era stata voluta da Forza Italia e Partito Democratico proprio per disinnescare la mina vagante rappresentata dal Movimento 5 Stelle? Un partito giovane e ancora non sufficientemente radicato nel territorio che avrebbe faticato ad imporre i suoi candidati nei collegi uninominali?
La campagna mediatica portata avanti a colpi di “bufale”e “fake news” faceva presagire anche una possibile vittoria di Vittorio Sgarbi (Centro-Destra) nel collegio campano di Acerra che vedeva candidato il capo politico di M5S Luigi di Maio. Il 4 marzo ci ha rivelato un quadro radicalmente diverso: Di Maio ha ottenuto un plebiscito con circa il 64% dei voti.
E di frottole ne raccontava tante anche il leader del Pd Matteo Renzi che fino all’ultimo giorno di campagna elettorale continuava a dare il suo partito ad un passo da M5S con la possibilità di soffiargli addirittura il primo posto, perlomeno nell’aula del Senato. Sia i partiti tradizionali che i principali media (a partire da Rai e Mediaset) hanno fatto di tutto per tirare la volata ad un Berlusconi protagonista (solo in apparenza) dell’ennesima rimonta.
La realtà che vedeva un Nord Italia completamente in mano al Centro-Destra, un Centro in parte ancorato alla Sinistra e un Centro-Sud con qualche spicchio di giallo grillino e abbondanti fette di azzurro (Centro-Destra) sembrava l’esito più scontato per la maggior parte dei sondaggisti e degli opinionisti, con M5S al di sotto del 30% nella media nazionale (esito anch’esso smentito).
Eppure, per chi aveva voglia di approfondire la situazione bastava consultare il sito del Centro Italiano Studi Elettorali, istituto di ricerca interuniversitario composto da LUISS Guido Carli e l’Università di Firenze che già il 16 febbraio aveva fotografato il voto nelle regioni italiane fornendo una mappa dei collegi molto simile a quella emersa il 4 marzo.
Lo studio aveva visto giusto: il Sud sarebbe andato ad M5S. La previsione si basava su una ricerca vasta e rigorosa. Il Cise, infatti, aveva somministrato un sondaggio di 6000 casi sulla popolazione adulta italiana con metodologia mista (CATI-CAMI-CAWI) e una stratificazione innovativa. Si trattava di un sondaggio che, date le dimensioni del campione e la rappresentatività delle 3 principali aree geopolitiche del paese, era qualcosa di inedito nell’ultima campagna elettorale, dal momento che tutti i principali istituti si erano basati su campioni che oscillavano fra gli 800 e i 1500 intervistati.
Insomma, non c’era bisogno di aspettare il fuorionda di Fitto, Meloni e Salvini per capire il clima che si respirava nel Meridione d’Italia. Bastava leggere questi dati, camminare nelle strade, frequentare le piazze e i mercati. Bastava immergersi tra la gente comune per carpire lo stato d’animo prevalente. Un atteggiamento snobbato dalla maggior parte degli opinionisti e degli esperti di politica. Molti di loro, d’altronde, continuano a vivere completamente sganciati dalla realtà dicendo che la vittoria di M5S al Sud è stata trainata dalla promessa “assistenzialista” di garantire a tutti un reddito di cittadinanza. E con questo finiscono per offendere, ancora una volta, un popolo stanco di subire angherie che ha usato questo voto come chiave per aprire le porte del cambiamento.
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