I principali fatti di cronaca continuano a raccontarci episodi di violenze da parte dei ragazzi ai docenti e agli istituti scolastici. Risale a ieri l’ultimo fatto, in provincia di Piacenza, dove una professoressa è stata colpita ripetutamente ad un braccio da uno studente di prima media. Episodio non isolato e che richiama all’attenzione anche quello gravissimo della professoressa di Caserta, sfregiata da un suo alunno solo perché voleva interrogarlo e quello del papà di Foggia che ha preso a calci il vice preside all’uscita da scuola, per aver rimproverato il figlio.
Leggeremo sempre più spesso di questi fenomeni? «Siamo una società che si sta abituando a non dare valore alle emozioni, sempre più presi a esplicitarle in un post ma sempre meno abituati a percepirle», premette il Professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo. «L’utilizzo abnorme della tecnologia tende a dissociare le nostre emozioni dal rappresentarle, con il rischio di alienarle».
Perché i ragazzi scattano e aggrediscono senza pensarci e preoccuparsi delle conseguenze? «Viviamo in una realtà aumentata. Siamo il popolo del tutto e subito, ottenuto tramite una tecnologia che ci permette di realizzare questo desiderio primordiale. Il problema è che più né facciamo utilizzo più saremo incapaci ad accettare i no», spiega il Presidente Giuseppe Lavenia. «A mio avviso, dobbiamo utilizzare modalità differenti e non repressive, anche a scuola». E a casa? «I genitori dovrebbero conoscere sempre di più questo mondo, accompagnando i figli nei vari passaggi della crescita, come è sempre stato prima di internet. Gli strumenti tecnologici sono parte integrante dei nostri giorni e dobbiamo imparare a dosarli prima noi adulti, dando il buon esempio ai ragazzi».
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