Alle vicende Ilva si aggiunge un altro tassello: un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il DPCM del 29 settembre 2017 con richiesta di sospensiva. Lo rende noto la prof.ssa Lina Ambrogi Melle, già promotrice di un ricorso collettivo alla CEDU e presidente del Comitato Donne e Futuro per Taranto Libera. Di seguito la sua nota stampa.
Il prof. avv. Andrea Saccucci insieme all’avv. Matteo Magnano e all’avv. Roberta Greco, dello Studio legale internazionale di Roma che già ci rappresenta davanti alla Corte dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo nel ricorso contro lo Stato italiano per violazione con le sue leggi “salva Ilva” dei diritti alla vita, alla salute ed alla vita familiare dei tarantini, hanno notificato oggi un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il DPCM del 29 settembre 2017 con la richiesta di sospensiva.
All’iniziativa, promossa dalla professoressa Lina Ambrogi Melle, partecipano numerosi cittadini di Taranto e le associazioni “Giustizia per Taranto”, “PeaceLink” e “Fondo Antidiossina”, indignati da questi continui decreti del governo italiano che calpestano i diritti fondamentali dell’Uomo alla vita, alla salute e alla sicurezza di noi tarantini.
Abbiamo deciso di impugnare questo DPCM del 29 settembre 2017 che ha valore di nuova AIA per l’Ilva perché altrimenti diventerebbe efficace e definitivo fino al 2023 e nessuno potrebbe successivamente intervenire anche in caso di reiterazione di reati gravissimi poiché i nuovi acquirenti dell’Iva, come gli attuali commissari straordinari, sono protetti da un’anomala immunità penale ed amministrativa che in altri termini significa avere licenza di uccidere i tarantini.
Noi non possiamo rimanere inermi difronte ad una politica che continua a proteggere gli interessi economici di privati a discapito della salute di una popolazione e sentiamo il dovere di percorrere fino in fondo ogni possibile strada legale per ottenere giustizia e rispetto per le nostre vite.
Già nel luglio 2012 ci fu un’ordinanza di sequestro senza facoltà d’uso di alcuni impianti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto perché causa di malattie e di morti e diversi studi epidemiologici successivi, come l’aggiornamento dello studio Forastiere, attestano che “l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte. Riducendo l’inquinamento si otterrebbero subito miglioramenti sulla salute e la mortalità a breve termine”.
Va aggiunto che la VDS (Valutazione del Danno Sanitario) effettuata dall’ARPA Puglia ha stabilito che,anche se venissero realizzate tutte le prescrizioni AIA, a Taranto permarrebbe un rischio sanitario inaccettabile con almeno 12500 persone a rischio di contrarre il cancro per le emissioni velenose del siderurgico. E’ chiaro pertanto che l’unico modo per affrontare e risolvere questa terribile situazione sanitaria ed ambientale sia quella già realizzata a Genova nel 2005 con la chiusura dell’aria caldo dell’Ilva e l’avvio di serie bonifiche all’interno e all’esterno dell’azienda.
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