“Ilva è costata alle finanze statali quanto una guerra” – Ambientalisti a sostegno del ricorso
TARANTO – Alessandro Marescotti, Annamaria Moschetti e Fabio Millarte: una conferenza stampa con la M maiuscola quella che si è svolta stamattina al Salone degli Specchi di Palazzo di Città. Argomento all’ordine del giorno quello che da ormai oltre un mese divide e appassiona i tarantini: il ricorso al TAR contro l’ultimo Dpcm del Governo su Ilva presentato da Comune di Taranto e Regione Puglia.
I tre attivisti hanno esposto le ragioni per cui, a loro parere, sarebbe necessario sostenere, anche con adesione online, le ragioni del ricorso che rappresenta un legittimo atto di autodifesa dei cittadini che, attraverso i loro rappresentanti locali, tenterebbero con questo mezzo di contrastare un vero e proprio esercizio di prepotenza istituzionale da parte del Governo, paragonabile a quello di uno Stato assolutista.
Secondo Marescotti, il Governo, responsabile di una gestione commissariale di Ilva del tutto fallimentare, starebbe facendo di tutto per trasferire la patata bollente di un’industria ormai ingestibile, ad un privato, liberandosi così una serie di problemi che non è riuscito a risolvere.
Su Ilva pesano infatti incognite e decisioni che potrebbero arrivare dalle istituzioni europee: sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo; sentenza su un eventuale utilizzo di aiuti di Stato; segnalazioni di Ispra sull’inadeguatezza di alcuni impianti che comporterebbero il fermo della produzione; incertezza sulla situazione debitoria societaria certificata dal Tribunale di Milano; incompatibilità dell’impiego del carbone nei processi produttivi rispetto alla firma degli accordi sul clima; permanenza del sequestro dell’area a caldo da parte della Magistratura che complicherebbe l’eventuale passaggio dell’acciaieria al privato.
Per il Governo, inoltre, è diventato difficile gestire il rapporto tra l’istituzione centrale e i cittadini di Taranto ormai molto attenti alla questione ambientale e non più impreparati rispetto a decisioni calate dall’alto. Ma anche laddove dovesse riuscire il trasferimento ad ArcelorMittal di Ilva, i problemi resterebbero soprattutto per i tagli previsti al personale: 4000 esuberi che comunque andrebbero a pesare sulla spesa pubblica.
Ma come può lo Stato pensare di posticipare al 2023 interventi quali la prima raccolta di acque piovane oppure il mantenimento in attività di impianti produttivi senza il certificato antincendio obbligatorio per una qualunque piccola impresa, figuriamoci per Ilva?
Ma non solo questo: bonifica della falda, pavimentazione delle aree scoperte, gestione dell’azienda durante i wind days. Una serie di problematiche che lo Stato si è dimostrato incapace di affrontare e che cerca ora di scaricare al più presto sul privato.
Ilva è costata alle finanze statali quanto una guerra: circa tre miliardi di euro. Denari che, ha ricordato Marescotti, sarebbero potuti essere utilizzati per riconvertire l’intero sistema produttivo cittadino. Ilva rappresenta per l’Italia ciò che è stato il Vietnam per gli Stati Uniti.
L’immunità penale per i nuovi acquirenti sarebbe, inoltre, una resa senza condizioni al privato e una vera e propria ingiustizia per la nostra comunità. Anche Fabio Millarte, responsabile del WWF Taranto, punta il dito contro un governo che ha ripetutamente calpestato i cittadini, bypassando regole e scavalcando lo stato di diritto.
La pediatra Annamaria Moschetti ha ricordato come i tarantini siano ormai stanchi delle false promesse, come quelle che nel 2013 fecero i ministri Orlando e Lorenzin che, in occasione di un convegno organizzato dal vescovo Santoro, rassicurarono sul completamento delle misure AIA entro il 2015.
Il rischio sanitario deve entrare assolutamente nella nuova AIA valutando preventivamente l’effetto che l’attività industriale provocherebbe sulla salute della popolazione. Eventuali analisi post-hoc non sono eticamente accettabili: i tarantini non possono divenire vittime sperimentali dell’inquinamento.
Toccante infine la testimonianza della pediatra Grazia Parisi che ha riportato la sua esperienza sul campo, nel quartiere Tamburi, a continuo contatto con patologie spesso gravi e legate al fattore ambientale. Che farete nel caso di ritiro del ricorso da parte dei rappresentanti degli enti locali? Tocca a Marescotti rispondere a questa domanda che riporta ad una possibilità che tanti temono. Il professore non ha dubbi: “continueremo la lotta a livello di istituzioni e tribunali europei”.
Ilva, lavoratori, cittadini: tutti appesi ad un filo che tiene in vita un ricorso che vale la dignità di una intera comunità e che qualcuno da lassù vorrebbe tagliare a tutti i costi.