Parco delle Gravine: risultati preliminari del biomonitoraggio dell’inquinamento atmosferico

Tre anni di attività per valorizzare il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, il più grande della Puglia: è il progetto “UPPark” che, sostenuto da Fondazione con il Sud nell’ambito del Bando Ambiente 2015, vede all’opera un ampio partenariato, tredici organizzazioni e istituzioni, con capofila il WWF “Trulli e Gravine”.

Il Progetto “UPPark!” prevede, oltre all’esecuzione di diverse attività per valorizzare il Parco “Terra delle Gravine”, rendendolo pienamente fruibile ai cittadini, anche una serie di interventi per la prevenzione e la riduzione dei rischi ambientali nell’area del parco, al fine di preservare, per le generazioni future, l’integrità dei questo straordinario ecosistema, un vero e proprio santuario della biodiversità.

Tra questi interventi è compresa la “’Azione A3: Valutazione Livello Rischio Inquinamento” che vede coinvolti il CNR – IAMC (Istituto Ambiente Marino Costiero) sede secondaria di Taranto e il WWF “Trulli e Gravine”.

Scopo principale dello studio proposto dal CNR IAMC di Taranto è quello di valutare, nell’arco di un anno, l’influenza delle aree industriali limitrofe nel Parco Terra delle Gravine, una zona ad alto valore naturalistico.

Lo studio, in particolare, intende analizzare il livello di contaminazione da inquinamento atmosferico mediante la valutazione delle ricadute al suolo per mezzo di “moss bags”, ovvero sacchetti in tessuto retinato contenenti muschi Hypnum cumpressiforme opportunamente trattati.

L’utilizzo dei “moss bags” rappresenta un sistema di monitoraggio atmosferico complementare a quelli più moderni, come quelli basati su centraline di rilevamento automatico.

Le attività del CNR IAMC di Taranto sono state avviate nello scorso giugno partendo dall’analisi del territorio del Parco, al fine di individuare sia le possibili aree destinate alla raccolta dei campioni di muschio non contaminati da utilizzare come “bianco”, sia quelle per l’installazione dei moss bags per le attività di monitoraggio.

Nell’occasione, inoltre, sono state valutate le specie di muschi più abbondanti (tra Hypnum cupressiforme e Pleurochaete squarrosa), le modalità di installazione dei moss bags e quelle di impianto nei siti di campionamento scelti.

Sono stati così prelevati dei tappetini di muschio Hypnum cupressiforme che, presso i laboratori del CNR IAMC di Taranto, sono stati prima analizzati e poi utilizzati per la preparazione dei “moss bags”. Successivamente si è proceduto al loro impianto tramite vaschette in polietilene preforate, che i volontari del WWF Trulli e Gravine hanno poi posizionato su rami di alberi selezionati nei siti di campionamento, al fine di avviare il monitoraggio dei contaminanti atmosferici.

Dopo quattro settimane di esposizione i campioni sono stati prelevati e sottoposti alle analisi chimiche previ opportuni pretrattamenti.

I risultati preliminari dell’analisi degli inquinanti hanno evidenziato, per quanto riguarda i metalli incrementi significativi (da 2 a 7 volte) rispetto al “bianco” in tutte le stazioni considerate. Per quanto concerne gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), l’analisi dei moss bags ha invece evidenziato un modesto incremento dei loro livelli iniziali nelle sole stazioni di Crispiano, Statte, Martina Franca e Massafra.

In seguito ulteriori dati potranno essere acquisiti dallo studio dei diversi idrocarburi analizzati e di alcuni loro rapporti, indagini in grado di fornire importanti informazioni sulla loro origine e i livelli di concentrazione determinati.

Questi risultati saranno poi comparati con quelli di una nuova campagna di monitoraggio che, sempre nell’ambito del Progetto “UPPark”, il CNR IAMC di Taranto sta per replicare nel periodo invernale.

Il rilevamento di inquinanti mediante i “moss bags”

La ricerca dello dallo CNR – IAMC (Istituto Ambiente Marino Costiero) di Taranto utilizza “bioindicatori” ovvero specie animali o vegetali finalizzate alla valutazione dello stato di qualità dell’ambiente. In questo studio, in particolare, sono stati impiegati muschi appartenenti al genere Hypnum.

I muschi presentano un grado di organizzazione piuttosto primitivo: mancano di veri e propri organi (fusto, foglie e radici), non sono dotati di un efficiente apparato per l’assorbimento di acqua dal terreno, né di uno strato impermeabile di cuticola in grado di ridurre il tasso di traspirazione.

Sono, inoltre, presenti in una vasta gamma di ambienti in tutte le regioni bioclimatiche. L’assorbimento idrico nelle briofite non ha luogo attraverso le radici bensì tramite l’intera superficie aerea della pianta. In alcune briofite l’apporto dell’acqua e delle sostanze in essa disciolte è dovuto esclusivamente alla precipitazione atmosferica, senza che ci sia un diretto contatto con il substrato.

Per tali ragioni vari composti di origine naturale ma anche prodotti dell’attività antropica (es. metalli in traccia, idrocarburi e altri inquinanti) di apporto atmosferico vengono intercettati dalla parete cellulare delle briofite, a cui si legano per interazioni di tipo elettrostatico.

L’utilizzo dei “moss bags” ovvero sacchetti in tessuto retinato contenenti piccole quantità di muschio, rappresenta un sistema di monitoraggio complementare ai moderni sistemi di monitoraggio atmosferico basati ad esempio su centraline di rilevamento automatico.

Mentre nei territori antropizzati, è a volte difficile o impossibile individuare popolazioni sufficientemente estese di muschi autoctoni da utilizzare per il monitoraggio, è possibile sfruttare l’ampia varietà di specie alloctone presenti nei territori ad alto valore naturalistico come il Parco “Terra delle Gravine”.

La metodologia proposta, basata sull’alta capacità di accumulo di elementi metallici delle briofite, è stata introdotta da Goodman & Roberts (1971) e prevede l’esposizione di sacchetti di muschio (moss bags), prelevato in zone considerate e accertate a bassa contaminazione e opportunamente trattato, per un periodo variabile da 4 a 9 settimane.

La specie utilizzata in questo studio è l’Hypnum cupressiforme, il quale essendo largamente impiegato come organismo accumulatore in Italia (Cenci et al., 1994; Bargagli et al., 1994) e all’estero, rende disponibile una vasta letteratura in merito; inoltre è molto comune in tutta l’area studiata ed è facile reperirlo sia nei boschi sia in zone abitate ed è caratterizzato, inoltre, da una produttività annuale piuttosto bassa.