Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano spiega nel merito le ragioni alla base dell’impugnativa del DPCM su Ilva da parte della Regione Puglia.
“Innanzitutto – dichiara Emiliano – la proposizione del ricorso al Tar di Lecce da parte della Regione Puglia non priva di efficacia l’aggiudicazione dell’ILVA di Taranto all’acquirente.
La vendita in ogni caso è attualmente bloccata dalle indagini dell’Unione Europea sulle concentrazioni e dunque nessun danno può prodursi alle parti della vendita stessa atteso che essa non è ancora definitiva e che occorrerà attendere fino a marzo per conoscere il verdetto europeo.
Ma anche in caso di annullamento dell’atto impugnato, la aggiudicazione rimane intatta ed il DPCM dovrà essere obbligatoriamente reiterato dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, correggendone il contenuto secondo le eventuali indicazioni della sentenza.
Rimane il fatto che rivolgersi ad un giudice per verificare la legittimità di un atto lesivo è un diritto per tutti gli esseri umani ed a maggior ragione per una Regione che ha il dovere di proteggere la salute dei propri cittadini dalle malattie evitabili.
Nessuno può legittimamente chiedere a chicchessia il ritiro di una domanda giudiziale intimidendolo prefigurando possibili conseguenze disastrose per l’economia nazione e per il lavoro. Si tratterebbe di un’attività illegittima intesa a coartare la volontà di un individuo o peggio come nel caso di specie addirittura di una Regione e di un Comune
Se il Governo vuole evitare il giudizio ritiri l’atto impugnato e lo corregga secondo le indicazioni della Regione Puglia e del Comune di Taranto avviando il processo di decarbonizzazione dell’ILVA”.
“In particolare – prosegue Emiliano – la Regione (come riconosciuto dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 182/20179) è portatrice di un interesse qualificato e deve essere messa in grado di esprimere le proprie autorevoli osservazioni sulle variazioni del Piano ambientale ILVA.
La Regione Puglia ha formalmente presentato le proprie motivate Osservazioni al Piano ambientale per l’ILVA. Tuttavia tali osservazioni sono state completamente ignorate senza alcuna motivazione.
Nonostante con le osservazioni regionali si fosse evidenziata la carenza di molti elaborati necessari all’istruttoria procedimentale, con particolare riferimento alla documentazione specificamente richiesta per la valutazione di impatto ambientale, nel decreto impugnato non vi è alcun accenno a tale problematica e agli obblighi connessi alla VIA, né alcuna motivazione sul punto.
La stessa cosa dicasi per la valutazione di incidenza, cd. vin.ca., visto che il sito ILVA dista pochissimi Km dal SIC “Pinete dell’arco jonico” e dal SIC “Posidonieto Isola di San Pietro – Torre Canneto”, ed è incluso nel perimetro del SIC ZPS “Aree delle Gravine”.
Anche su questo punto totale silenzio nel decreto impugnato, nonostante nel complesso ILVA vi siano addirittura ben sette discariche. Stesso discorso anche per la valutazione del danno sanitario. Il decreto impugnato ha illegittimamente procrastinato i termini di ottemperanza alle prescrizioni e i tempi di realizzazione degli interventi già previsti nei precedenti provvedimenti AIA, rimasti inadempiuti.
In ogni caso, vi è stato l’ennesimo differimento dell’ottemperanza alla Decisione 2012/135/UE del 28/2/2012 della Commissione Europea in ordine all’obbligo di applicare le migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro ed acciaio, il cui adempimento era stato previsto nell’AIA 2012 entro l’8/3/2016.
È pur vero che vi è stata la nuova decisione sulle BAT della Commissione del 31/7/2017, pubblicata in GU Unione Europea L 212 del 17/8/2017, alla quale senza dubbio occorre adeguarsi nei termini di legge, ma ciò non oblitera certo l’obbligo (già scaduto) di adeguarsi immediatamente alle BAT aggiornate al 2012.
Allo stesso modo il Decreto impugnato opera un immotivato prolungamento dei termini per gli interventi di copertura del Parco Minerale e del Parco Fossile, in contrasto sia con il precedente Piano ambientale, che aveva previsto per tale incombente un termine di 28 mesi, sia con il Decreto MATTM n. 31 del 24/2/2015 relativo all’approvazione dell’intervento di copertura dei parchi primari, che –a sua volta- aveva prescritto una durata dei lavori pari a 24 mesi.
Tale intervento era indicato come prioritario nell’AIA 2012 ed è innegabile che la presenza dei parchi a cielo aperto rappresenta una delle maggiori problematiche connesse alle gravi conseguenze sull’ambiente e sulla salute derivanti dall’esercizio dello stabilimento, specie nei wind days.
Stesso discorso vale per l’eccessivo prolungamento del termine di realizzazione degli interventi di rimozione dell’amianto, fissato dall’art. 13 dPCM al 23/8/2023, senza tener conto della gravità della situazione, atteso che nell’area dello stabilimento ci sono circa 4000 tonnellate di amianto da smaltire, già censito, quasi tutto (93%) di matrice friabile.
Sempre ignorate sono rimaste le osservazioni regionali, con cui si sono evidenziate precise criticità in ordine alla realizzazione di sistemi di raccolta e trattamento delle acque meteoriche nelle aree delle lavorazioni a caldo (aree coke, sotto-prodotti, altoforni, acciaierie e relativi forni a calce- prescrizione UA9), per carenze di documentazione e/o di adeguate informazioni, ad es. sui quantitativi o sulle modalità di gestione e quant’altro; oppure il mancato rispetto della disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo, oppure ancora le criticità ed irregolarità delle attività di rimozione dei fanghi dai canali (prescrizione UA3) e le operazioni di dragaggio.
Ancora senza alcun minimo di considerazione è rimasto l’accorato invito a prendere in esame le proposte ed i progetti regionali finalizzati al risparmio dell’acqua ed al contenimento dei consumi idrici, avvalendosi del recupero delle acque reflue in uscita dal depuratore di Taranto.
In sintesi, la sistematica e preconcetta omissione di ogni considerazione ed analisi delle osservazioni che, pur nelle molteplici difficoltà e ristrettezze temporali, sono state proposte dalla Regione Puglia con la nota del 5/9/2017, rivelano un deficit istruttorio e motivazionale, che vizia di illegittimità gli atti e provvedimenti gravati”.
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