Ilva, l’impeto di Melucci contro il governo divide il mondo ambientalista
TARANTO – Prima l’ordinanza di chiusura delle scuole nei “Wind Day”, ora il ricorso al TAR: le ultime mosse del sindaco Melucci dividono i giudizi di chi segue le vicende politiche a Taranto. Senza dubbio il primo cittadino è stato davvero duro nella risposta (leggi in basso, ndr) al ministro Calenda che ha reagito negativamente al ricorso che Comune e Regione hanno depositato al TAR contro l’ultimo Dpcm sul piano ambientale del governo.
Taranto non è abituata a propri rappresentanti istituzionali capaci di esprimere in maniera forte le ragioni di una città troppo spesso penalizzata dalle scelte governative. “Melucci segue le direttive che gli dà Emiliano”, dicono alcuni. È questa una tesi abbastanza diffusa sia in chi si riconosce nello schieramento del PD, sia in chi è più vicino ai partiti di opposizione.
“È una guerra interna al PD”, secondo i più maligni. Emiliano vuole la testa di Renzi e spinge per arrivare al fallimento dell’accordo con Mittal, aprendo così a nuove ipotesi di riconversione verso l’utilizzo del gas nei processi produttivi di Ilva.
“Bisogna capire come verrà impostato il ricorso al TAR” dicono altri. “Un ricorso può essere scritto in diversi modi, non necessariamente con l’intento di vincere in tribunale. Anche perdendo in tribunale – dice qualcuno – Melucci uscirebbe da questa vicenda a testa alta!”.
Ci sono poi i giudizi assolutamente favorevoli al sindaco: Melucci sta tenendo davvero conto delle problematiche di Taranto e sta provando a difendere la città come nessun altro prima di lui.
“Melucci se ne frega delle direttive del PD, è un uomo risoluto e indipendente che dà conto solo alla sua coscienza”, dicono i fan del sindaco, molti dei quali convertitisi a suo favore nelle ultimissime ore. Certamente le mosse del sindaco non lasciano indifferente il mondo ambientalista combattuto tra il dare il proprio sostegno al ricorso oppure attendere i prossimi sviluppi.
Sia Melucci che Emiliano hanno finito per spiazzare tutti con una mossa azzardata che nella scacchiera della politica potrebbe portare alla vittoria con scacco matto oppure ad una rapida sconfitta. Vedremo già tra qualche giorno come lo stesso PD reagirà alla mossa del sindaco che potrebbe rimanere isolato nella sua maggioranza.
Potremmo quindi ritrovarci con un sindaco che sulla vicenda Ilva verrebbe maggiormente sostenuto da una parte dell’opposizione che dal suo stesso partito. Certamente un paradosso che nessuno forse si aspettava. I prossimi giorni ci diranno fino a che punto il primo cittadino oserà ostacolare i piani industriali del governo. Capiremo col tempo se il ricorso al TAR sarà un fuoco di paglia, in una città abituata a subire ingiustizie senza reagire, oppure se l’azione di Melucci continuerà risoluta anche davanti alle tante pressioni che giungeranno da più livelli.
Giuseppe Aralla
L’AFFONDO DI MELUCCI: BASTA CON TRUCCHI E SGARBI POLITICI
Leggo le dichiarazioni che a tarda serata provengono dal Mise e ci sarebbe da prenderla a sorridere per quanto risultano ancora una volta scomposte e scarsamente istituzionali, se non fosse che toccano corde troppo delicate per poter lasciare spazio all’ilarità in questo giorno in cui Taranto urla basta. Basta coi trucchi, basta con i numeri al lotto, basta con gli sgarbi politici ed amministrativi, basta con la flagellazione sistematica di un intero territorio, basta con il furto del futuro dei nostri bambini: si va al TAR, se in questo Paese esistono ancora dei valori non negoziabili dinnanzi al mercato, e magari ora non ci si ferma nemmeno alla giurisprudenza nazionale.
Avevo allertato ministri e viceministri, anche quelli pronti a ricandidarsi a marzo in Puglia, che con Taranto non si poteva scherzare più. Ma nulla, abituati come sono a parlare per slogan e a non dare seguito formale alle parole, mi hanno considerato loro simile. Eppure ero stato chiaro. Avevo chiesto un tavolo esclusivo per Taranto e mi hanno invitato insieme a una quarantina di altri enti. E ho educatamente declinato l’invito. Non disertato. Con una lettera inequivocabile e sentita dall’intera comunità che mi onoro di guidare: le parole sono importanti per chi, come me, dà ad esse ancora un significato di verità e valore. Prendo atto che questo governo a scadenza non dimostra di tenere ad intessere rapporti costruttivi con Taranto. Sanno evidentemente che a breve non ricopriranno più quei ruoli e si prendono delle libertà che altrimenti non si prenderebbero.
Nessun governo della civile Europa si permetterebbe di rivolgersi così al sindaco di una città martoriata, di mettere le questioni economico-occupazionali dinnanzi a quelle della salute e dell’ambiente. Mi rammarica constatare solo che si tratti di un governo di centrosinistra, del mio partito. Quanto questo governo abbia ormai tradito gli ideali del centrosinistra lo lascio giudicare ai politologi e ai cittadini.
Spiacente, queste sono battaglie che non possono tenere conto di una corrente o di una tessera di partito. Anche di un certo modo di fare sindacato. Taranto non si fa ricattare più. Impugnare un Dpcm immorale mette a rischio la vendita di Ilva? Pazienza. Benvenuti in Europa, terzo millennio. Vuol dire che l’acquirente non era così convinto della più impegnativa operazione di riqualificazione industriale della storia del nostro Paese. Vuol dire che il fragile piano industriale non conteneva una grande prospettiva temporale. Vuol dire che occorreva soltanto un pretesto a tutti per sfuggire da una pessima procedura. Cosa meglio di un capro espiatorio tarantino? Film già visto, governo poco creativo.
Se al contrario, come io credo ancora, l’investitore è serio e deciderà di puntare comunque su Taranto, senza farsi condurre fuori strada da governo e commissari, si comprenderà che è la città di Taranto il principale interlocutore, l’unico che può a ragione porre la parola fine alla vicenda, in un modo o nell’altro, e senza che vengano tralasciate alcune delle variabili poste oggi dai tarantini.
Venga a Taranto a parlare di miliardi di progetti, il ministro Calenda. Venga qui il viceministro Bellanova a dirlo alle associazioni di cittadini e genitori tarantini che devono attendere il 2023 prima che si valuti quanto e come si ammalano irrimediabilmente. Vengano i commissari a spiegare in piazza alle nostre imprese che in quei miliardi non si trova il becco di un quattrino per l’indotto, mentre imprese lombarde e liguri ancora lucrano in questo momento in uno stabilimento moribondo.
Che guardino negli occhi orfani, malati e lavoratori tarantini e dicano che l’acquisizione è a rischio, se per caso il sindaco o il governatore si azzardano a scandalizzarsi davanti ai fiumi rossi della città nei giorni di pioggia. No, nessun ministro verrà qui a fare questo. Io i miei concittadini voglio incontrarli per le vie e voglio poterli abbracciare senza vergogna, per questo vado avanti, in tutte le sedi opportune. Lo scorso 29 giugno ho giurato sulla costituzione, per difendere diritti inalienabili, non devo fedeltà cieca a nessun partito. Rispondo ai cittadini, e ripeto: nessuno può ricattare me e Taranto. Nessuno.