TARANTO – Che bello, siamo quasi ultimi: compatiteci, così proveremo piacere. Una città masochista la nostra, i cui abitanti sono talmente abituati al disagio e alla sofferenza da non riuscire a risollevare le sorti di una comunità che sopravvive nel limbo che in fin dei conti è pur sempre meglio dell’inferno.
Siamo penultimi per la qualità della vita, meglio che ultimi, dirà qualcuno, magari guardando con aria di superiorità Caserta che chiude la classifica del Sole24 Ore delle città italiane. Si proprio il Sole, il giornale di Confindustria, che ha sempre considerato indissolubile il legame tra grande industria e Taranto, ritenendo inopportuna, quasi irragionevole, qualunque ipotesi che prevedesse eventuale riconversione economica della nostra città.
Taranto e l’Italia hanno troppo bisogno della grande industria: l’economia locale e quella nazionale soffrirebbero troppo se venissero a mancare quei 6-8 milioni di tonnellate di acciaio prodotti in riva allo Ionio e distribuite in tutta la filiera siderurgica.
Taranto è città industriale: un concetto che per chi non conosce la nostra città può significare poco. Cosa c’entra la grande industria con la qualità della vita dei cittadini? Chiediamolo ai ragazzi del quartiere Tamburi costretti a non frequentare la scuola nei giorni di wind day.
E se i ragazzi forse saranno pure contenti di qualche giorno di festa in più, sicuramente lo saranno molto meno i loro genitori più consapevoli del maggior rischio sanitario che i giorni di vento portano. E comunque, che Stato è il nostro che tollera una convivenza così drammatica tra industria e città?
L’industria qui non è un concetto vago, è presenza ingombrante e condizionante. Lo sanno i mitilicoltori ancora in cerca di un ambiente marino definitivo e sicuro in cui produrre in pace; lo sanno gli agricoltori che non possono coltivate i campi in un ampio raggio attorno all’area industriale; lo sanno i tanti malati che stando alle normali statistiche dovrebbero restare sani se non ci fosse l’industria.
Tutti problemi che si sommano a quelli endemici del Sud, fatte salve alcune significative eccezioni. Trasporti insufficienti, mancanza di servizi per i cittadini, sanità inadeguata agli standard più moderni, criminalità, scarsità di verde urbano, abusivismo: non ci facciamo mancare nulla e le classifiche lo dicono forse meglio di qualunque altra descrizione.
Ma a Taranto dovremmo stare meglio, almeno da un punto di vista economico, vero? No, proprio per nulla! Siamo tra le città a più alta disoccupazione giovanile e a più basso reddito pro capite, ultimi in Puglia. C’è evidentemente qualcosa di illogico nelle scelte politiche ed economiche di questo territorio. Sono temi che abbiamo affrontato infinite volte noi di Inchiostroverde, ma che ogni volta tornano a galla di fronte all’evidenza di dati come quelli proposti dal Sole 24 Ore. Truccatele le classifiche sulla qualità di vita, questo è il consiglio che diamo a chiunque se ne occupi. Stare male credendo di stare bene è meglio che stare male e basta.
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