“Buonasera, sono una ragazzina di 13 anni e frequento la scuola Gabelli nel quartiere Tamburi… domani io e la mia classe avremmo dovuto partecipare ad una marcia per i diritti dei ragazzi ma a causa wind day non possiamo andarci. Non è giusto che noi dei Tamburi dobbiamo sempre essere emarginati da tutto e non abbiamo il diritto di partecipare a degli eventi, eppure lo scopo di quella marcia è proprio far valere il diritto che noi adolescenti abbiamo… noi vogliamo una risposta: possiamo vivere o no?”.
La semplicità con cui questa adolescente illustra la terribile realtà cui è costretta una intera comunità della “democratica” repubblica italiana è totalmente disarmante. Cosa si può rispondere a questo grido di giustizia? Cosa possiamo insegnare ai nostri giovani? Quale esempio propone il comportamento cieco e sordo di chi governa la cosa pubblica? Nel giorno del 28° anniversario della Convenzione internazionale dei Diritti del Fanciullo, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a Taranto (Italia) questi diritti vengono ancora una volta negati.
Solo Taranto può battere il record che già detiene: da oltre cinquanta anni, ogni maledetto giorno è sofferenza; in alcuni giorni è più sofferenza che in altri. E’ morte, è malattie, è disoccupazione, è diritti negati, è falde acquifere e territorio inquinati, è presente indegno e futuro improponibile. E’ bellezza sfregiata e offesa dalla bruttezza.
I wind days scaricano sulla città tonnellate di polvere di ferro, accompagnate dagli altri immancabili inquinanti venefici. Non c’è copertura che tenga: quelle montagne di minerale devono sparire insieme all’intera area industriale. Taranto ha già pagato in misura insopportabile il tributo alla “produzione strategica per la nazione”. E’ arrivato il momento di restituire, bonificata, quella parte di territorio alla comunità tarantina. Senza più appellarsi come bambini alla “ragione di Stato”.
BASTA! “Chi inquina, paga” (Direttiva 2004/35/CE)
Genitori tarantini
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