“Sono ormai 17 anni che lavoro in ILVA a Taranto con la mansione di operaio manutentore elettrico. Un lavoro che mi soddisfa e che mi permette di provvedere al sostentamento della mia bambina di 3 anni. Mi ritenevo fortunato fino all’inizio di questo anno quando, a Gennaio, l’azienda ha diffuso la notizia della presenza di circa 4000 tonnellate d’amianto al suo interno. Una vera doccia fredda! Mi sono chiesto: “Come reagiremo a questa nuova situazione?” Abbiamo lavorato per anni senza i più elementari dispositivi di prevenzione e protezione come guanti e mascherine. Siamo quindi tutti potenzialmente a rischio? C’era qualcuno che doveva e/o poteva prevenire tutto questo? Se affermativo perché non è stato fatto?”. Sono tutte domande che adesso continuano a girarmi per la testa senza sapere se avrò mai una risposta”. E’ il racconto di Pasquale Maggi, pubblicato sul sito dell’Ona (leggi qui). Lo riportiamo integralmente.
“Adesso, fortunatamente, sono in salute. Ma si sa che l’amianto è una patologia che può avere una latenza anche di 30 annie questa verità, ovviamente, non mi permette di godermi la vita come vorrei. Inutile nascondere che ci penso e ripenso. Dalla mappatura diffusa dall’azienda sembra proprio che, anche nel mio reparto, sia confermata la presenza di amianto. Si parla di bonifica ma i tempi saranno molto lunghi. Il danno alla nostra salute è stato perpetrato nel tempo anche in assenza di una sorveglianza sanitaria specifica per l’amianto. Ogni anno mi hanno fatto sempre fare le visite sanitarie periodiche di routine e mai nulla di più attinente. Sono molto preoccupato anche per mio padre, lui è un ex dipendente ILVA, ha lavorato per 30 anni ed è in pensione da 10. Potrebbe essere a rischio anche lui? A questo punto non dovrebbe essere previsto un protocollo sanitario anche per gli ex dipendenti?
Io sono iscritto alla CGIL FIOM e ho fatto esposti anche allo SPESAL e alla ASL, dipartimenti prevenzione, proprio perché, ci tengo a sottolineare, io lavoro in azienda e voglio continuare a lavorare e se sono qui a parlarne è per il bene di tutti, non solo dei colleghi, ma anche per il resto della città. A Taranto è ancora tanto l’amianto presente; sui tetti, agli angoli delle strade, nei capannoni. E’ necessario che tutti cominciamo a preoccuparci della nostra salute e che facciamo sentire la nostra voce. Sono stato nominato Commissario ONA, un’associazione che tutela e assiste le vittime dell’amianto, il cui Presidente, l’avv Ezio Bonanni, si è mostrato da subito disponibile e attento alla mia personale situazione e a quella di tutti i dipendenti dello stabilimento. Tra l’altro l’attuale periodo di transizione da commissariamento a nuova proprietà crea gran confusione all’interno della fabbrica e in tutta la cittadinanza tarantina perché il grosso interrogativo è:”Cosa farà la nuova proprietà e che sarà della salute, dell’occupazione, dell’ambiente e del futuro di Taranto e dei tarantini?“.
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