Ilva, preferisci morire per una malattia o vuoi morire di fame?
Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa di Taranto Respira ed Ecologisti, Partecipazione è Cambiamento, demA.
Preferisci morire per una malattia o vuoi morire di fame? Sembrerebbe che i tarantini siano condannati a scegliere tra l’una o altra tragica opzione. Anche i più scettici sono ormai convinti che la nostra città vive una gravissima emergenza ambientale e sanitaria certificata da ricerche scientifiche mirate che attestano (Sentieri 2012, 2013 e 2015) che vi è un eccesso di mortalità (rispetto ai dati regionali) per gli uomini, le donne e, dato ancora più odioso, per i bambini per i quali il dato registrato è un più 21%.
Eppure le emissioni siderurgiche continuano a diffondersi su terreni coltivati e nelle acque tanto che permane la vigenza delle ordinanze regionali di divieto di pascolo per un’area circostante l’ILVA per un raggio di venti km e di divieto di coltivazione dei mitili nel primo seno del Mar Piccolo.
Tutto questo sebbene l’ILVA sia tenuta alla messa in sicurezza d’emergenza delle falde e dei terreni sotto i parchi minerali e un’apposita conferenza dei servizi abbia affermato che il proprietario o il gestore dell’area non responsabile della contaminazione debba attivare idonee misure di prevenzione per limitarla e circoscriverla e che: “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire,equivale a cagionarlo”.
E qui il pensiero va alle responsabilità gravanti sul Sindaco di Taranto, chiunque esso sia. E mentre operai o comuni cittadini continuano ad ammalarsi e morire, circa settantamila disoccupati abitano nella nostra città,gli esercizi commerciali chiudono, le imprese non riescono a recuperare i loro crediti, i quartieri sono sempre più isolati e l’intera città è afflitta da un degrado socio-culturale che il progressivo e accelerato invecchiamento della popolazione e la fuga dei giovani accentuano in maniera non più sopportabile.
L’inquinamento ci toglie non solo la salute e la vita, ma anche le risorse economiche e finanziarie,in un quadro di false promesse delle istituzioni e di ignavia e incompetenza dei nostri rappresentanti istituzionali. Non basta esprimere solidarietà agli operai dell’ILVA, a quelli che rischiano di rimanere senza lavoro e a quelli che rischiano di perdere i loro diritti acquisiti. Dobbiamo ritrovare la capacità di essere una comunità solidale che evita le contrapposizioni e farci prossimi gli uni agli altri.
Dobbiamo aprire una “vertenza Taranto” che parte dal basso, da quella cittadinanza che è già capace di recuperare luoghi abbandonati, pulire spazi pubblici, fare impresa, aprire laboratori artigianali, costruire reti, intercettare finanziamenti, creare iniziative culturali. Occorre una risposta corale perché, solo unendo le varie forze operanti sul territorio, è possibile sperare in un futuro per la nostra città.