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Malaria a Taranto: ci fu un tempo in cui mieteva vittime sul mar Piccolo

TARANTO – L’ultimo caso autoctono di malaria in Italia, senza sbilanciarsi sui casi registratati negli ultimi giorni e su cui si stanno effettuando le dovute indagini, risale al 1962. Nel 1970 l’Organizzazione Mondiale di Sanità dichiarò l’Italia libera dalla malaria. È stata una dura lotta quella che ha portato a questo risultato e grande l’impegno sostenuto dai governi dall’unita d’Italia fino agli anni ’60. Centinaia di migliaia sono state le persone che hanno perso la vita a causa della malaria, soprattutto negli anni in cui non era ancora disponibile il chinino o lo era solo in maniera limitata.

La vera lotta alla malaria iniziò dopo il 1870 e andò in parallelo al miglioramento generale delle condizioni di vita nelle campagne. Il Regno d’Italia e poi la Repubblica si impegnarono in un’impresa che sarebbe durata quasi un secolo e che avrebbe richiesto un impegno massiccio di risorse economiche e la realizzazione di una vera e propria struttura sanitaria specifica per la malaria.

I primi anni di lotta alla malaria, sotto i governi di sinistra De Pretis e Cairoli, furono indirizzati soprattutto alle opere di bonifica. In questa fase storica non vi era ancora certezza dell’eziologia della malaria e si riteneva che essa fosse causata dai miasmi delle paludi e delle acque putride. Solo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, con Giolitti e Crispi al governo, la scienza indicò con certezza la zanzara Anopheles come vettore responsabile dell’infezione da malaria. La lotta a quel punto divenne più mirata, anche se, comunque, le bonifiche delle zone malsane rimasero strumento essenziale di contrasto al diffondersi della malattia.

Nei primi anni del ‘900 cominciò a diffondersi a scopo terapeutico l’uso del chinino, una sostanza isolata dalla pianta della china nel 1817 ma già conosciuta per i suoi effetti benefici dal XVII secolo. Il chinino, con le sue proprietà antiparassitarie e antifebbrili, ha contribuito a salvare la vita di decine di migliaia di ammalati. I suoi effetti collaterali sono però molto forti e causano crisi ipoglicemiche, aritmie, vomito e diarrea.

Le due Guerre Mondiali causarono un riacutizzarsi della malaria e gli anni successivi furono caratterizzati da un maggiore impegno nel contrastarla. Soprattutto al Sud, le condizioni di vita nelle campagne erano decisamente peggiorate con la crisi economica nel periodo bellico. Inoltre, nel Mezzogiorno, per diversi decenni del secolo scorso, il latifondo era ancora molto diffuso e i braccianti erano costretti a sopportare fame e povertà. I grandi proprietari terrieri avevano poco interesse a bonificare i loro enormi appezzamenti e l’agricoltura non aveva subito significativi miglioramenti rispetto a quella praticata uno o due secoli prima.

Nel ventennio fascista continuò e anzi si intensificò l’opera di bonifica delle paludi e delle terre malsane. La vera svolta agricola nel Meridione avvenne con la Riforma agraria degli anni ’40 e ’50 e con l’esproprio dei latifondi e la distribuzione delle terre ai braccianti che divennero piccoli proprietari. Abbiamo già affrontato l’argomento su InchiostroVerde in passato: https://www.inchiostroverde.it/la-riforma-agraria-che-rivoluziono-il-territorio-ionico-prima-dellavvento-dellilva/

I piccoli appezzamenti e il coinvolgimento diretto nella gestione del territorio da parte dei nuovi coloni favorirono una migliore attenzione alla cura delle terre e dei sistemi di irrigazione. Nel tarantino, come in altre parti d’Italia, nacquero dei consorzi di bonifica che gestirono al meglio le acque utilizzate in agricoltura. Taranto era, nei primi decenni del ‘900, terra particolarmente colpita dalla malaria.

In particolare, la fascia costiera del Mar Piccolo (l’attuale area dell’Arsenale e tutta la zona della palude La Vela e gli anelli intorno ad esse per un raggio di diversi chilometri) era zona infestata dalla zanzara Anopheles. Il generale James Currie Robertson, medico responsabile sanitario del campo inglese che negli ultimi anni della Grande Guerra (1917-1918) era stato installato sulle rive del Mar Piccolo e che ospitava diverse centinaia di soldati, ha descritto molto bene la situazione di grave rischio che in quella zona la presenza di zanzare determinava. Tantissimi inglesi si ammalarono di malaria e alcuni persero la vita.

Nel cimitero di Taranto riposano le spoglie di alcuni di questi sfortunati soldati. La malaria è stata per decenni soltanto un triste ricordo dei più anziani. Non bisogna sottovalutare il rischio di un ritorno di questa malattia. Cambio di condizioni climatiche che favoriscono l’arrivo dell’Anopheles, mancanza di cura per la campagna e condizioni di sfruttamento dei lavoratori costretti a vivere in modo precario potrebbero essere causa della ricomparsa della fastidiosa malattia.

Giuseppe Aralla

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