TARANTO – Donne perseguitate da ex fidanzati, lavoratrici importunate da colleghi che fraintendono il minimo sguardo, studentesse vittime di molestatori assillanti. Secondo l’ultimo rapporto Istat sulla violenza sulle donne il 16,1% delle donne italiane è stato vittima di stalking, nella maggioranza dei casi da parte di un ex partner. Le conseguenze di queste violenze non si manifestano solo con lesioni fisiche, ma anche con stati di depressione cronica, dipendenza da sostanze stupefacenti e alcol e suicidi. Il rischio è quello di sentirsi sole e indifese, isolate in una trappola fatta di angoscia e paura, senza fiducia nella protezione offerta dalle istituzioni. Eppure, solo liberandosi dal senso di impotenza le vittime possono sottrarsi alle grinfie dei persecutori. Abbiamo voluto approfondire questo argomento di strettissima attualità con l’avvocato Mimmo Lardiello, da sempre sensibile a tali tematiche.
«Antecedentemente all’introduzione del nuovo reato di “atti persecutori”, avvenuta nel 2009, le ipotesi di stalking erano punite attraverso differenti fattispecie, tipizzate all’interno del codice penale, quali la molestia, l’ingiuria, la violenza privata, le lesioni. Il reato di “stalking” di cui all’art. 612 bis c.p. si concretizza in ripetute condotte finalizzate alla molestia con l’effetto di provocare, nella vittima, disagi psichici, timore per la propria incolumità e quella delle persone care, pregiudizio per le abitudini di vita. E’ uno strumento di tutela che costituisce un notevole passo in avanti nella lotta ai fenomeni persecutori.
Ovviamente l’introduzione del nuovo reato si scontra con le lungaggini dei procedimenti penali che mal si conciliano con le esigenze di urgenza dettate dal comportamento di soggetti mentalmente instabili che vanno immediatamente fermati al primo insorgere di segnali di pericolosità. Ecco perché la tempestività delle denuncia diventa fondamentale: ai primi segnali di comportamento persecutorio, molesto o particolarmente irriguardoso occorre rivolgersi immediatamente alle forze dell’ordine o a un avvocato. Il fattore tempo è fondamentale: l’attesa è pericolosissima perché gli autori delle condotte persecutorie tendono ad aggravare i propri comportamenti con il passare del tempo».
Quali garanzie vengono effettivamente garantite alle vittime?
«Nel 2009, unitamente all’introduzione della nuova fattispecie di reato, il legislatore ha inteso creare un microsistema di tutela integrata attraverso la creazione di un nuovo strumento, cioè “l’ammonimento del Questore” e l’introduzione della nuova misura cautelare del “divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”. L’ammonimento del Questore è una misura ai più sconosciuta ma costituisce già un primo strumento importante in quanto si tratta di una prima possibilità per interfacciarsi con l’autorità giudiziaria ed esporre l’insorgere di problematiche di natura persecutoria, senza ancora formalizzare una vera e propria denuncia.
Detta norma attribuisce al Questore il potere, assunte le debite informazioni, di ammonire oralmente il soggetto, nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, redigendo in tal senso un verbale, previa convocazione dell’interessato. Del medesimo “sistema”, introdotto con il Decreto del 2009, fa parte l’introduzione del nuovo art. 282 ter del Codice Penale che prevede la possibilità che il Giudice possa irrogare al responsabile di condotte persecutorie il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa o addirittura, dai suoi prossimi congiunti.
All’imputato per 612 bis (stalking) può essere anche completamente vietato di comunicare con la vittima con qualsiasi mezzo. Il mancato rispetto delle misure di cui innanzi può comportare il loro aggravamento, con possibilità anche di custodia cautelare in carcere. Altro aspetto interessante riguarda la tutela legale delle vittime di stalking: infatti chi denuncia ed è vittima di atti persecutori può sempre usufruire del patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai parametri reddituali previsti dalla Legge. Dunque è possibile farsi assistere in qualsiasi momento da un avvocato, con costi a carico dello Stato che potrà successivamente rivalersi sul condannato per il recupero delle spese.
Gli strumenti dunque ci sono e, dal punto di vista strettamente tecnico, sono efficaci. Casi come quello della povera Noemi Durini, che, secondo quanto raccontano le cronache, è purtroppo rimasta vittima di un soggetto già precedentemente denunciato, sono da addebitarsi a circostanze tragicamente sfortunate, a errori di sottovalutazione operati dai singoli uffici che trascurano di agire tempestivamente, derubricando le denunce a semplici casi di litigi tra fidanzati o a liti famigliari, o a casi di trascuratezza ed inefficacia degli organi inquirenti.
La tragicità dell’esito del caso di Noemi insegna che, invece, ogni tipo di sintomatologia relativa a rapporti di particolare conflittualità con l’intervento di violenza fisica o morale non va sottovalutata. In tal senso apparirebbe utile creare, nell’ambito delle Procure, figure di riferimento che possano dedicarsi esclusivamente alla lotta dei fenomeni persecutori, al fine di evitare che denunce anche presentate tempestivamente non possano ottenere nei tempi giusti i provvedimenti sperati.
Così come è necessario che tutti i cittadini siano consapevoli degli strumenti forniti dalla Legge, che, come detto, consente addirittura di rivolgersi ad un legale per ottenere assistenza senza costi a carico delle vittime di violenze o di poter chiedere al Questore di intervenire prima che la situazione possa precipitare. Uno snellimento degli uffici giudiziari con relativa redistribuzione del carico dei procedimenti, magari con la creazione di corsie preferenziali per i processi relativi a casi di 612 bis sarebbe importante per fornire maggiore sensazione di tutela ai cittadini, con condanne più veloci che costituirebbero un deterrente contro il ripetersi di tali tragiche condotte».
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