Il Dieselgate, emerso nel 2015, portò alla luce le modifiche illegali delle centraline per truccare le emissioni delle auto facendole sembrare più “ecologiche”, coinvolgendo inizialmente la Volkswagen per poi allargarsi ad altre case automobilistiche, tanto che l’Unione Europea è corsa ai ripari introducendo nuovi test per i motori diesel. Il dato che emerge dalla nuova ricerca è comunque in linea con le previsioni precedenti sul numero di vittime ricollegabili alle emissioni manipolate.
Lo studio si concentra sull’incidenza dell’accaduto in Europa, prendendo in esame i 28 Paesi dell’Ue più Svizzera e Norvegia. Secondo i ricercatori, la causa di circa 10mila decessi all’anno nel Vecchio Continente può essere riconducibile all’inquinamento dovuto al particolato fine emesso dalle macchine diesel: circa la metà di queste morti (4.750) potrebbe però essere evitata se le emissioni di ossido di azoto dei veicoli fossero simili a quelle osservate realmente nei test di laboratorio.
I Paesi europei che fanno registrare più vittime, secondo la ricerca, sono Italia, Germania e Francia, “a causa della loro popolazione elevata e della proporzione di vetture diesel sul totale”, che rappresentano circa la metà dell’intera flotta europea: le vetture che nel Vecchio Continente utilizzano questa alimentazione sono circa 100 milioni, il doppio di quelle del resto del mondo. Nel nostro Paese, in particolare, il numero di morti riconducibili alle polveri sottili generate dai veicoli diesel è di 2.810 l’anno, di cui 1.250 legate al surplus di emissioni rispetto a quanto certificato. Per la Germania i decessi annui sono 960 e per la Francia 680; il minor numero di vittime si registra invece in Norvegia, Finlandia e Cipro.