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Sette milioni di italiani vivono in aree a rischio di frane e alluvioni

ROMA – Ci sono 7 milioni di italiani che ogni giorno vivono in aree a rischio frane e alluvioni, e esposte a bombe d’acqua proprio come quella che si è abbattuta su Livorno, dove al momento il bilancio del maltempo è di sei morti e due dispersi. Che l’Italia debba fare i conti con la fragilità del suolo (per l’88%) lo dice Legambiente che in uno dei suoi report mette per esempio in evidenza come il 77% delle abitazioni siano costruite in zone ‘rosse’ e nel 31% dei casi vi si trovano interi quartieri, tenendo presente che ci sono anche il 51% degli impianti industriali e spesso sono nelle zone potenzialmente franose sono presenti scuole o ospedali.

“E’ una tragedia annunciata, quella di Livorno – racconta la presidente di Legambiente Rossella Muroni – ci sono 7 milioni di persone che vivono in aree a rischio e le nostre città sono sempre più esposte ai cambiamenti climatici. Gli amministratori dovrebbero dare più risposte, a cominciare da quelle che ci vengono chieste dalla Comunità europea. E’ necessario un nuovo approccio. Bisogna per esempio partire subito con i Piani di adattamento. E smetterla di intubare torrenti e alzare argini; quello che serve è anche una corretta pianificazione degli spazi verdi”.

Dal 2010 a maggio di quest’anno, viene messo in evidenza nel dossier di Legambiente, sono 126 i Comuni italiani dove si sono registrati impatti rilevanti con 242 fenomeni meteo che hanno provocato danni al territorio e causato impatti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini. In particolare ci sono stati 52 casi di allagamenti da piogge intense, 98 casi di danni alle infrastrutture da piogge intense con 56 giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane. Inoltre c’è da pagare il tributo in termini vite umane e di feriti: dal 2010 al 2016 – secondo il Cnr – sono oltre 145 le persone morte a causa di inondazioni e oltre 40mila quelle evacuate (dati Cnr).

“Sembra assurdo doverne riparlare ogni volta che accade una disgrazia ma purtroppo ancora oggi manca una seria politica di riduzione del rischio – osserva Muroni – nonostante si sia cominciato a destinare risorse per far partire interventi prioritari di messa in sicurezza, l’avvio di una politica di prevenzione complessiva stenta a decollare”. Secondo la presidente di Legambiente questi temi “devono diventare centrali nella riflessione comune a tutti i livelli di governo del territorio, insieme con quello della prevenzione: occorre fermare il consumo di suolo, programmare azioni di adattamento ai mutamenti climatici e operare per la diffusione di una cultura di convivenza con il rischio”. (Ansa)

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