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“C’era una volta il pane… a Lama”: un piacevole ritorno ai sapori di un tempo

TARANTO “C’era una volta il pane… a Lama” è ormai diventato un appuntamento estivo che aspettiamo sempre con piacere e che, anno dopo anno, attira tantissima gente e riesce pienamente a farci riscoprire il significato di antiche tradizioni. Ieri sera, nella location di Villa Vetusta, con l’organizzazione dell’associazione Pro Loco di Lama e le sue contrade, Lara Marchetta, Rossella Abbondanza e Vittoria Orlando hanno dato il via alla nona edizione di questa iniziativa che nasce con l’intento di celebrare il pane, elemento quasi sempre presente sulla nostra tavola, ma che negli ultimi tempi è divenuto, come ci ha piacevolmente raccontato la professoressa Enza Tomaselli, cibo senz’anima, snaturato rispetto a ciò che per secoli esso ha rappresentato per la gente di qualsiasi ceto sociale.

Aggiungere al carrello della spesa qualche anonimo filoncino imbustato nel cellofan è per noi, generazione abituata a correre, un gesto quasi meccanico, privo ormai di quell’antico piacere e rispetto che il pane si era conquistato nei secoli. Una società, la nostra, che perde i piccoli piaceri della vita, ciò che riempiva i nostri sensi, come l’odore e la fragranza di un pane fatto in casa e appena sfornato. Il “pane di Lama”, fino a qualche decennio fa, era caratteristico del posto e si distingueva per essere prodotto con farine delle migliori qualità, come quella del Senatore Cappelli, che rendevano la mollica soffice e bianca e le pagnotte profumate e buone.

E proprio dell’importanza della materia prima necessaria per produrre il pane ha parlato il Presidente di Campagna Amica e membro di Coldiretti Nicola Motolese che ha evidenziato le problematiche della filiera cerealicola italiana che subisce una vera e propria invasione di grano importato da paesi del nord Africa e Canada, concorrenziali nel prezzo ma non certo nella qualità del prodotto. Sarebbe auspicabile, secondo Motolese, che si imponesse, da parte del legislatore, l’obbligo dell’indicazione d’origine in etichetta per le farine utilizzate nella produzione di pasta e pane, così come è recentemente avvenuto per alcuni prodotti caseari.

Guidati dalla padrona di casa, la signora Blasi, e affascinati dal racconto di Enza Tomaselli, capace di farci percepire le vibrazioni di un luogo davvero magico, abbiamo visitato la settecentesca Villa Vetusta coi suoi angoli nascosti e i suoi giardini segreti. Un tuffo nel passato, in un mondo scomparso di cui si può solo provare a immaginare scene di vita antiche, in cui il padrone e braccianti convivevano nel microcosmo di una proprietà i cui terreni scendevano fino al mare e producevano abbastanza per le necessità di tutti.

La cottura del pane era probabilmente appuntamento di festa e aggregazione per tutti gli abitanti della villa, soprattutto per i più poveri. In tempi più recenti, il forno, oltre che agli abitanti di Villa Vetusta, serviva anche agli altri abitanti di Lama che venivano qui a cuocere il loro pane. E il pane, in questo caso prodotto dal panificio Chiarella con la ricetta tradizionale, è stato centrale anche nell’accompagnare le tante prelibatezze cucinate da chi ha contribuito alla buona riuscita di questo evento.

Purea di fave, peperoni fritti, polpette, salsicce e quant’altro, tutto innaffiato da un fresco vinello, hanno deliziato i palati dei tanti partecipanti alla serata. Non poteva poi certo mancare la buona musica alla festa del pane: pizzica e tarantella proposta da Remigio Furlanut hanno ulteriormente contribuito a vivacizzare la serata con ritmi incessanti e ipnotizzanti, grazie anche a delle bravissime ballerine. Un appuntamento da segnare sul calendario per il prossimo anno.

Foto di Max Perrini

Giuseppe Aralla

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Giuseppe Aralla

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